Pagina:Albini - Il figlio di Grazia, Milano, Vallardi, 1898.djvu/49


— 35 —

rono più ricordarsi dove mai lo avevano nascosto. Cercando la legna trovarono però in terra una pipa di gesso rotta e Raffaella fu tutta fiera per il suo compagno. — Cogì falai l’omo! — diceva. Ci sarebbe però voluto qualche cosa anche per Raffaella, e frugarono intorno alla stalla e al pollaio cercando, non sapevano neppur loro che cosa «calche cosa pel fal la donna» diceva Raffaella «cogì io ciono la tua molle.»

Grazia li chiamava ed essi dimenticavano allora ogni progetto o discorso per non pensare che alla scodella di pane e latte che li aspettava. Si sedevano in terra colle gambette aperte e la scodella in mezzo, e mangiavano contando i bocconi: uno, tle, nove, cette, cento; e si sbrodolavano, a gran consolazione della gatta e di Perin ch’erano lì attenti, pronti a leccare il pavimento.

Com’era forte Natale! un giorno Raffaella mise il piede nudo su un riccio di castagna che le rimase ficcato dentro, ed egli la prese su e la portò in casa. Pareva portasse un fagotto di cenci: la testina gli sbucava di sotto l’ascella, mentre il povero piedino ferito strisciava per terra.

La povera bimba dovette sentire un gran dolore, ma non disse nulla, tutta rossa e compresa d’ammirazione perchè il suo amico aveva saputo portarla.

«Com’è folte!» disse quando fu in grembo a Grazia «mi tlingeva qui (e faceva segno al collo) come una colda!»

Innocente, il fratellino di Raffaella, e altri ragazzi del paese s’erano accorti che la bambina si divertiva molto in casa di Natale e che tornava sempre con briciole di buona roba chiuse nel piccolo pugno, e cominciarono a desiderare anch’essi di penetrare nel prato.