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giare il pan solo, e gli parve così buono che si mise a mangiarlo a pezzettini piccoli piccoli per farlo durare un pezzo.
A un tratto Periti ringhiò senza alzar la testa. Natale lo guardò e gli chiese: «pecchè fai bub?»
Perin alzò la testa e abbaiò forte, poi si rizzò drizzando le orecchie e guardando al di là dello steccato, nel prato del vicino. Anche Natale guardò, ma non vide nessuno: a un tratto Perin si slanciò, abbaiando furiosamente.
S’udì un grido acuto, e una testina a riccioletti scuri si rizzò improvvisamente frammezzo all’erba alta. Natale vide due occhi e una bocca spalancarsi con terrore, e chiamò: «Pein! Pein!» Che! il cane non se ne diede per inteso, abbaiò più forte, e quegli occhi e quella bocca si richiusero per riaprirsi con uno scoppio di pianto.
Natale allora si alzò e corse ad attaccarsi alla coda di Perin, il quale, molto sorpreso, si voltò e gli diede una morsicatina alle mani. Però si decise a tacere, e Natale disse col suo vocione buono: «Non avel paula; Pein non fa nente....»
Perin allora volle mostrare che il padroncino non aveva torto d’aver fiducia in lui e si mise a spiccar un salto per prendere un grosso ragno che si dondolava sulla sua ragnatela, non curandosi più della testina ricciuta.
La bocchina tutta contorta dal pianto, si ricompose, e quando Natale s’aggrappò allo steccato per guardarla, ella fece una risatina allegra.
«Come ti cami?» dimandò Natale.
«Io mi camo Laffaella.»
«Allora tu cei una bambina.»