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urlo e chiuse gli occhi: ma la mano non lo aveva abbandonato, lo depose di nuovo sul sentiero e la voce di Natale gli disse: «stammi davanti! indietro nessuno ritorna: apri la marcia!»

L’altro protestò di non conoscere la strada, ma la mano di ferro quasi lo portò innanzi di peso, e la voce severa gli soffiava nel collo parole che lo facevano rabbrividire: — Lo vedi? sei nelle mie man.! posso fare di te ciò che voglio. Mi insulterai ancora? Prova a insultarmi! —

Mi vuol trascinare più in alto — pensò Nocente — in qualche punto dove lui sa, poi mi precipiterà in fondo alla valle. —

Si fermarono a riprender fiato e scambiarsi i sacchi che portavano sulle spalle. Nocente con voce piagnulosa disse di non aver più forza di portare il suo, e Natale se lo caricò, poi lasciò passar avanti gli altri e rimase ultimo con lui.

È l’alba: spengono le lanterne e camminano di nuovo su un nevaio sprofondando fino al ginocchio: di lì si domina gran parte della montagna e Natale fa echeggiare la sua voce, sperando in una risposta, ma non gli rispondono che rombi di valanghe che ora vedono precipitare come una grossa nuvola di nevischio.

«Coraggio! bisogna salire fino alla capanna» dice Natale: «se non li troviamo là, allora perlustreremo la montagna.» E proseguono. Rasentano una parete di ghiaccio, superano una cresta dalla quale si dominano due abissi uno destra e l’altro a sinistra.

Il sole che spunta illumina la carovana, ma laggiù, a quella profondità di più di cento metri, non si scorge che buio.