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starono di domande sulla difficoltà di certi passaggi, sui pericoli possibili, ma Natale non temeva nulla. «C’è Vincenzo» diceva «e quando c’è lui non si può temer nulla. È la guida più coraggiosa e più prudente d’Italia.»

Ma passò la mezzanotte ed erano ancora in attesa. Natale non parlò più e uscì fuori, incamminandosi su pel sentiero chiuso fra due muraglie di neve, incontro ai viaggiatori.

Arrivato a uno svolto, di dove si dominava un profondo vallone, si fermò.

Di lì si sarebbe potuta vedere la comitiva scendere dalla montagna, e Natale aguzzò gli occhi per distinguere le lanterne, aguzzò le orecchie, gridò a lunghi intervalli: ooop! ma nulla si vedeva, nessuna voce rispose. Il solenne, profondo silenzio era rotto soltanto a tratti da colpi che parevano, a quella lontananza, di fucili, ed erano il ghiacciaio che si spaccava, poi s’udivano rombi lunghi che venivano dall’alto, di valanghe che precipitavano.

Natale pensò: — la montagna questa notte si muove come se fosse primavera. Che Dio protegga i viaggiatori — e tornò indietro impensierito, non osando rientrare nella cucina perchè le donne non vedessero sul suo viso ch’egli era inquieto. Andò nella stalla della locanda.

Sonò il tocco, suonarono le due ore all’orologio del campanile. Nella cucina gli uomini discutevano, in piedi, presi dall’inquietudine; le donne singhiozzavano coi visi nei grembiali, ginocchioni davanti a un’immagine della Madonna che Dorina aveva illuminata di cerini. Il curato passeggiava su e giù, e ogni volta che passava accanto a quel gruppo deso-