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nari.... Natale mandò un urlo e la casetta di legno parve tutta rintronare dei suoi passi: d’un colpo la porticina s’aperse e.... gli fu sopra!
Ah! finalmente sfogava il furore accumulato da tanti anni! finalmente vendicava tutti gli insulti! finalmente lo puniva di tutto quello che aveva fatto soffrire a Raffaella, del disonore che portava al nome della sua famiglia!
Grazia, dalla piccola finestra gridava a suo figlio di lasciarlo stare, ma la sua voce sottile era soffocata dal mugolio di Nocente e dai colpi che Natale gli dava senza misericordia. Bernardo, che non s’era levato dal letto, diceva: «Lascialo fare, Grazia; s’è trattenuto anche troppo! vedrai che dopo non oserà più insultarlo.» Ma quando sua moglie con un orrore nella voce disse: «se Nocente avesse il coltello?...» egli balzò dal letto, atterrito.
Laggiù, sull’erba, l’atleta, accecato dall’ira, non cessava di maltrattare quel corpo buttato a terra, che gli faceva 1 effetto d’una bestia immonda che bisognava, bisognava schiacciare! Ma la bestia, non potendo lottare colle braccia e colle gambe, si difendeva coi denti e straziava le carni al braccio sinistro di Natale, dandogli uno spasimo che accresceva la sua voglia di vendicarsi.
Le sue mani si allentarono però all’improvviso quando una piccola persona s’aggrappò al suo collo chinato, e la voce di sua madre gli disse contro la guancia: — per amor mio, Natale! per amor di Raffaella! lascialo andare! — Si rizzò, sudato, respirando forte e guardandosi intorno come trasognato. Nocente giaceva ai suoi piedi, immobile come un sacco di cenci: lo urtò con