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umiliazione, e la teneva sempre lontana dalle ragazze della sua età....

Vincenzo ascoltava, e quando Natale tacque, disse col suo vocione da basso profondo: «Tu non mi dici il nome della ragazza, ma non sarei Vincenzo se non l’avessi capito. Pensaci bene, ragazzo mio, io ho paura che tu ti lasci tirare dal tuo buon cuore per compassione della sua vita triste. Tu sei uno dei giovani meglio provvisti della valle e puoi sposare anche una ragazza ricca: sei figlio unico, hai casa, terre e bestie....»

«Dunque non ho bisogno che la moglie me ne porti» rispose Natale. «Basta: alla ragazza non ho ancora parlato, ma il cuore mi dice che anche lei mi vuol bene e sarà contenta di entrare in casa nostra.»

«Lo credo bene, ragazzo mio! Ah ahi un giovinotto più modesto di te, non si trova a girar tutto il mondo!»

«Modesto, dite! Ma non sapete che ho qui il cuore che mi scoppia dalla superbia, e non vedo l’ora di essere a casa per raccontare a mio padre e a mia madre tutto quello che la Regina ha detto di me?»

Erano arrivati alle prime case del paese e s’erano fermati per salutarsi vicino a un filare d’alberi al di là del quale era un grosso mucchio di letame.

«Tu sai che questo farà loro piacere» rispose Vincenzo sorridendo. «Ma se non ci fossi io a raccontarlo fuori, a tutto il paese, si può star certi che dalla bocca tua non ne uscirebbe una sillaba. Buon riposo, Natale, e sogna una sposa ricca, bella, che sia l’invidia del paese come lo sei tu!»

«L’invidia porta sfortuna, Vincenzo. Mi basta che della mia sposa il paese dica quello che dice della