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dopo aver accompagnata la Regina al di là del monte, superando il ghiacciaio, ritornavano a casa. Era una notte senza stelle e ci voleva la loro pratica della montagna e il loro coraggio per viaggiare così al buio. Ma non badavano neppure alla strada, tutti presi dalla soddisfazione di quella traversata compiuta così felicemente, malgrado un’improvvisa tormenta e inaspettati crepacci formatisi in quei giorni. Vincenzo non aveva voluto cedere a nessun altri l’onore di sporgere il braccio a Sua Maestà, di tagliarle i gradini nel ghiaccio, di tenerla legata alla sua corda nelle salite più ripide, ma aveva trovato modo di far valere anche la prontezza, la calma, l’occhio e il piede sicuro del suo allievo, il quale guidava dietro a loro la dama che accompagnava la Regina. In un certo punto essa era stata presa da una spossatezza e da un capogiro che potevano riuscirle pericolosi, e Natale la sollevò nelle sue braccia e la portò per un tratto, fino a un posto dove si potesse fermare, e lo fece con un rispetto, una rapidità, e una tale delicatezza, che la dama e la Regina non poterono a meno di osservare e lodare fra loro parlando francese. Vincenzo, che era stato in Francia, capì tutto e lo riferì poi a Natale tornando.

L’affezione veramente paterna che dimostrava Vincenzo a Natale, inteneriva quest’ultimo e gli apriva il cuore. Di discorso in discorso si lasciò andare quella sera a confidargli il suo dolce segreto, i suoi progetti per l’avvenire.

Voleva tanto bene, da molti anni, a una ragazza; una povera ragazza che dopo aver avuto un’infanzia malinconica e dura, ora aveva una giovinezza infelice. La miseria della sua famiglia le dava un senso di