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veramente; le mucche svizzere son nostre, l’altra no; la mobiglia è nostra, ma la stalla no. Ma! è un pasticcio che ha fatto lei.» E, piano, riparandosi la bocca con una mano, soggiungeva:

«Ha voluto far del bene a quella famiglia tanto disgraziata, e, creda, quella latteria ci costa un occhio della testa! Ma bisogna pure lasciarla fare, poverina. Non si gode mai nulla, e quello è il primo piacere che mi ha chiesto!»

Raffaella si levava a notte per tutte le altre faccende di casa, e i suoi avevano già cenato quando rientrava carica di fieno. Nocente trovava però ancora modo di tormentarla. Egli si rodeva d’invidia di saperla là alcune ore del giorno fra i signori, e di pensare che essa ormai, con quella segreta combinazione fra le donne di casa e Dorina, era quella che portava in famiglia il maggior aiuto. Egli lavorava da un fabbro, ma si beveva tutta la sua settimana senza rendere conto a nessuno e non gli era mai importato che patissero la fame; ora però che le cose miglioravano ne aveva bile, e diceva fra sè: — è sempre stato così: a lei, a Raffaella, tutti i bocconi buoni fin da quando era piccina e andava in casa dei Martinez. —

E gli pareva un’ingiustizia. Non pensava che egli non aveva mai fatto nulla per essere amato, e non aveva mai amato nessuno.