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di schianto e di sollievo insieme; anzi, di una dolcezza lungamente aspettata, e giunta finalmente!

Ha così strane combinazioni qualche volta la vita! Quei giorni di indimenticabile terrore dovevano da Raffaella essere ricordati come il principio di un’epoca straordinariamente serena.

Dorina diventò la sua santa protettrice: tutto ella seppe appianare: desiderò che Raffaella andasse all’albergo a far la stagione aiutando le cameriere, e perchè la famiglia di lei si oppose dicendo che era P aiuto più forte di casa, e ora più che mai c’era bisogno delle sue braccia, ella trovò un altro modo per venir loro in aiuto. Un po’ colla colletta fatta in paese in favore di quella povera gente, un po’ col lavoro gratuito degli uomini del paese, fece fabbricare una nuova stalla, sul pendio di un certo prato da cui si dominano le cime nevose, e ch’è la passeggiata prediletta dei villeggianti. Una casina tutta pulita, tutta bianca, dove tenevano compagnia, alla mucca color castagna, due altre bianche, grosse mucche venute dalla Svizzera.

La mattina e il pomeriggio la stalla era aperta, e i sedili rustici messi fuori sul prato erano sempre occupati da mamme e da bambini. «Che simpatica ragazza!» esclamavano tutti guardando Raffaella che, in abito di cotonina a quadri bianchi e nero, e in grembiulone bleu, mungeva e serviva.

«Che buona idea lei ha avuto di mettere questa latteria!» dicevano all’albergatore.

Ed egli rideva, rispondendo ch’era stata un’idea di Dorina. «Ha fatto tutto lei,» diceva; «mi sono proprio lasciato menar per il naso. Che speculazione sia, non so: non so neppure che cosa ci appartenga