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un bambino, un figlio vostro, in cui tu possa rivederti com’eri da piccino, che tu possa educare perchè tresca migliore di te, per il quale tu debba lavorare, e che sia la tua gioia ora e diventi la tua consolazione più tardi».

Bernardo scoteva la testa come se volesse liberarsi da questo pensiero, ma prima di entrare in casa alzava la faccia al cielo e diceva con fervore: «Signore buono! mandami un figlio o una figlia, quel che vuoi! e poi non ho più nulla da desiderare!»

Venne l’inverno, e Bernardo pareva non ci pensasse più.

La mattina di Natale trovarono che la neve arrivava sin quasi al parapetto della loggia. La valle tutta sembrava sprofondata in un mucchio di bambagia: veniva su colma, soffice, candidissima, a coprire tutte le sporgenze, a colmare tutti i vuoti, e dava un senso di gran pace, come un bisogno di buttarsi dentro e di chiudere gli occhi, cullati dal tintinnare frettoloso e allegro delle tre campanelle della chiesa del villaggio.

Bernardo disse a sua moglie:

«Sta lì ancora un poco, perchè fa un freddo birbone; io vado giù a vedere se l’oca non è gelata nella casseruola.»

«Tu pensi soltanto all’oca» gli rispose Grazietta. «Io penso ch’è Natale e che non potremo uscire e andar in chiesa, con questa nevicata.»

«Tu mi credi un eretico» disse Bernardo col suo vocione «io colla bocca ho parlato dell’oca, ma col cuore ti giuro che ho pensato alle tre messe di Natale. Ora vado giù a far la calata, ma se occorre ti porto sulle mie spalle come tre anni fa: ti ricordi?