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Ora Natale sfogliava un librone rilegato di rosso a fregi d’oro, una raccolta di fiabe tedesche, tradotte.

«Oh» esclamò a un tratto «ecco qua la Raffaellina tale e quale! colle sue guancie rosse e i suoi occhietti lucidi e neri.»

«Lascia che veda» disse Dorina. Natale le porse il libro aperto ed ella guardò seria seria, ma non parlò. Però, dopo aver lavorato un poco alla sua trina, disse: «com’è cambiata quella Raffaella! io non l’ho mai vista proprio da vicino, ma mi pare che ora non abbia nulla di bello!»

Questa volta fu Natale che si mise a pensare se Raffaella fosse bella o brutta: non ci aveva mai badato, e alzò la testa a guardar Dorina perchè anche di lei non aveva mai pensato di giudicare se fosse bella o brutta.

«Raffaella non ha i capelli fini e biondi di Dorina» osservò fra sè «non ha la pelle così bianca e quelle manine sottili.» Oh come gli parve bella la piccola inferma in quel punto! così fragile, così trasparente, tutta rosata dal sole che tramontava, come un vaso di porcellana messo contro la luce. Gli balenò alla mente una siepe di biancospino. Dorina era il fiore bianco, leggero che a toccarlo si sciupava. Raffaella era il fruttino rotondo e rosso che piace tanto ai bambini. Poi osservò le sue proprie mani, larghe, abbrunite dal sole, sciupate dal lavoro, e pensò: non son proprio degne di star su questi bei libri e vicino a questa ragazza. Però cedette alle insistenze di Dorina e si portò a casa il librone delle fiabe.

Riportandoglielo una settimana più tardi, disse: «La mamma ha guardato le figure e trovò anche lei che Cappuccetto rosso somiglia tutto a Raffaella.»