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un certo orgoglio. Ai pranzi delle grandi occasioni quando venne la Regina, quando passarono i Congressisti del Club Alpino, e alloggiò per quindici giorni un ministro colla sua famiglia, ella scriveva i menu in corretto francese, miniando le maiuscole con un certo senso d’arte.

«Bernardo ha sempre conservato buona memoria di suo marito,» diceva Grazia sempre timidamente, avviandosi lentamente verso l’Albergo. «Ma vede? lui ha fatto fortuna come s’è meritato, e noi siamo rimasti quelli di prima. Se chi è in alto si ricorda di chi è giù, è tutta bontà sua, e chi è giù non deve pretendere di farsi innanzi.»

L’albergatrice prese l’umile donnina per le spalle e gliele strinse amichevolmente.

«Cara Grazia, voi parlate come ai tempi della vostra nonna. L’aver denari non vuol più dire essere qualcosa di più di chi non ne ha. Gente come voi e vostro marito, laboriosa, onesta, che agisce in tutto con coscienza può ben tener la testa alta più di tanti ricconi.»

Erano arrivati sulla soglia del vestibolo, e Grazia s’arrestò con un’espressione di maraviglia e di rispetto. Sul pavimento era steso un tappeto d’iuta a righe rosse, e negli angoli erano vasi di fiori, larghe foglie vellutate di piante a lei sconosciute; e appese alle pareti lampade a riflettore, lucenti come specchi.

«Lei ha delle parole tanto buone,» disse ripigliando il discorso interrotto. «Ma queste belle cose.... come vuole non facciano soggezione.... a gente come noi? Oh come è bello! me l’avevano detto, ma non mi sarei mai figurata tanto! Che belle foglie, sono tutte a striscie colorate come fiori.... Ah una buona