capello tutte morte, e quelle de’ vivi tutte vive. Allora si dice che un corpo vive, quando da sua posta ei faccia qualche moto. E morto dicono che è quando le membra non posson più esercitare gli officj della vita, cioè il moto ed il senso. Adunque quelle immagini de’ corpi che il Pittore vorrà che apparischino vive, farà che in queste tutti i membri mettino in atto i loro moti, ma in ogni moto bisogna andar dietro alla bellezza ed alla grazia. E sono grandemente vivaci e gratissimi quei moti de’ corni, che alzandosi vanno verso l’aria. Oltra di questo dicemmo che nel comporre le membra bisognava aver riguardo alla specie. Imperocchè saria cosa molto disconveniente, se le mani di Elena o di Ifigenia apparissino mani di vecchie o di contadine; o se a Nestore si facesse un petto da giovane, o una testa dilicata; o se a Ganimede si facesse una fronte piena di crespe, o le gambe da un giocatore di braccia; o se a Milone robustissimo più di tutti gli altri si facessero i fianchi smilzi e sottili. Oltra di questo ancora in quella immagine che avrà il volto pieno e grassotto come si dice, sarà cosa brutta far che se li vegga le braccia e le mani strutte e consumate dalla fame. E per il contrario chi dipingesse ArchimedeFonte/commento: Pagina:Alberti - Della pittura e della statua, Milano, 1804.djvu/172 in quel modo e con quella faccia che Virgilio dice esser stato trovato da Enea nell’Isola, se le altre membra non corrispondessero a quella magrezza,