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vita di leonbat. alberti |
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ra sopra la famiglia (la quale è rimasta inedita); e inviolla perciò a Leonardo Dati e a Tommaso Ceffi, acciocchè la esaminassero, e gliene dicessero il lor parere; ed essi liberamente gli scrissero nel giugno di quell’anno stesso, riprendendo in essa lo stile alquanto aspro, e il valersi ch’egli faceva dell’autorità altrui, senza citarne i nomi (Leon Dati ep. 13). Verso il tempo medesimo cominciò l’Alberti a dar pruova del suo valore in architettura. Delle fabbriche da lui disegnate parla il Vasari (Vite de’ Pitt. t. 2. p. 235. ec. ed fir. 1771), il quale però gliene attribuisce alcune che i moderni editori nelle lor note credono appartenere ad altri. Quelle, che da niuno gli si contrastano, sono il tempio di s. Francesco di Rimini cominciato nel 1447 e finito nel 1450, di cui però vuole il sig. Giambatista Costa, che la sola parte esterna fosse opera dell’Alberti (Miscellanea di Lucca t. 5. p. 77); quello di s. Andrea in Mantova; il palazzo di Cosimo Rucellai, e alcune altre che si posson veder presso il suddetto Vasari, il quale ne esamina i pregi insieme e i difetti. Ei dice ancora che, prima che a Rimini, ei fu in Roma ai tempi di Niccolò V., e che questo pontefice di lui si valse in opere di architettura. Ma se riflettasi, ch’egli fu eletto nel marzo dell’anno stesso, in cui l’Alberti fu adoperato in Rimini, si vedrà chiaramente che anzi da Rimini ei dovette passare a