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xii | vita di leonbat. alberti |
gine dell’errore che fu poi preso da Aldo Manuzio il giovane, che nel 1588 pubblicò questa commedia sotto il nome di Lepido comico poeta antico, e trasse più altri in errore. Ed essa pruova insiem chiaramente che l’Alberti ne fu veramente, come altri ancora han già osservato, l’autore. Nel codice estense essa è dedicata al marchese Leonello d’Este. Del resto non è maraviglia ch’essa fosse allora creduta opera di antico scrittore; perchè, comunque scritta in prosa, ha nondimeno alquanto dello stile de’ comici antichi, e pruova lo studio che l’Alberti avea fatto nella lingua latina.
Continuava egli frattanto i suoi studj, quando, come racconta l’anonimo, fu preso da una mortal malattia che gl’indebolì le forze e la mente per modo, che spesso non si ricordava de’ nomi de’ suoi più cari amici. Quindi a persuasione de’ medici, lasciati gli studj ne’ quali era d’uopo affaticar la memoria, si volse in età di 24 anni a quelli che gli parevan richieder solo l’ingegno, cioè alla filosofia e alla matematica. In questo tempo però scrisse egli alcune di quelle operette che si hanno alle stampe, col titolo di Opuscoli morali, tradotti da Cosimo Bartoli, dei quali vedasi il co. Mazzucchelli. Alcune altre ne annovera l’anonimo, che da niuno si accennano, e che debbono esser perite, cioè una intitolata Ephebia, l’altra de Religione, e qualche altra. Alle quali si deve aggiungere un dialogo morale