volta intralasciare la fatica dell’opera, e recreare l’animo, nè si deve far quel che fanno molti, che si metton a fare più opere ed incomincian questa, e la principiata lasciano imperfetta. Ma quelle opere che tu avrai incominciate, le debbi finire interamente del tutto. Rispose Apelle ad uno che gli mostrava una sua pittura e diceva, io la dipinsi presto or’ ora: senza che tu lo dicessi, si vedeva chiaro, anzi mi maraviglio che tu non abbi dipinte infinite a questo modo. Io ho veduti alcuni Pittori e Scultori, ed Oratori, e Poeti ancora, se alcuni però si trovano in questa nostra età che si possino chiamar Oratori o Poeti, essersi messi con ardentissimo studio a far qualche opera, i quali mancato poi quello ardore dell’ingegno, lasciano stare la incominciata e rozza opera imperfetta, e spinti da nuovo desiderio, si mettono a voler di nuovo fare qualche altra cosa più nuova, i quali uomini io certamente biasimo. Imperocchè tutti coloro che desiderano che le opere loro sieno grate e care a’ posteri, bisogna che pensino prima molto bene a detta opera, e la conduchino con grandissima diligenza a perfezione. Conciossiachè in molte cose non è manco grata la diligenza che qualsivoglia ingegno. Ma bisogna fuggire quella superflua superstizione di coloro, per chiamarla così, i quali mentre che vogliono che i lavori non abbino pur alcun minimo difetto, e cercano che ei