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libro secondo. | 35 |
Quali Legnami sieno più commodi alle fabbriche delli edificii, et quale sia la loro natura, la loro utilità, et come si debbino mettere in uso, et qual parte dell’edificio ciascuno sia più atto.
cap. vi.
T
Eofrasto si penfa che i Legnami non siano ben secchi da farne Asse, et massimo per Porte, innanzi a tre anni. Alle opere de gli edificii estimaron questi Alberi commodissimi: Il Cerro, la Quercia, la Rovere, la Ischia, l’Albero, il Tiglio, il Salicone, l’Ontano, il Frassino, il Pino, l’Arcipresso, l’Ulivo salvatico, et modestico, il Castagno, il Larice, il Bossolo, et il Cedro, et l’Ebano ancora, et altresì la Vite. Ma tutti questi hanno varia natura, però si debbono accommodare a varii usi. Percioche alcuni sono più de gli altri migliori a stare allo scoperto; alcuni si mantengono più al coperto; altri si fanno belli dell’aria; altri diventan sempre più duri nelle acque; et fotterrati son eterni; et per quello alcuni son buoni per tavole sottili, et per le scolture, et opere de Legnaiuoli; alcuni altri per correnti, et travi: altri a reggere Terrazzi scoperti, o Tetti son più saldi; et l’Ontano per palafitte da farsi per fondamenti in fiumi, o in pantani, sopravanza ogni altro Albero, et sopporta patientemente l’humore, et il medesimo all’Aria, o al Sole non dura. Per l’opposto la Ischia è impatientissima dell’humore. L’Olmo all’Aria, et allo scoperto si rassoda tuttavia; altrove, si apre et non dura. La Picea, et il Pino, se si sotterrano, sono eterni. Ma la Rovere per essere spessa, et nervosa, et serrata, et piena di picciolissimi fori, che non ricevono l’humore, è attissima a qual tu ti voglia sotterraneo edificio, et commoda a reggere grandissimi pesi; et quasi colonna validissima. Ma havendo la natura datoli tanta durezza, ch’ella non si possa forare, se non bagnata; Affermano nientedimanco, che sopra terra, ella è inconstante, et diventa ritrosa, et si torce, et la medesima facilmente si corrompe dalle acque del Mare. Il che nè allo Ulivo, nè al Leccio, nè allo Ulivo salvatico, che nelle altre cose convengono con la Rovere, non accade, che nelle acque si macerino. La Quercia non si consuma mai per vecchiaia, perche ella è di dentro sugosa, et quali come se ella fusse verde. Il Faggio medesimamente, et il Castagno non si corrompono dalle acque, et annoveransi in fra gli primi Alberi, che si sotterrano. Il Sugero ancora, a servire per colonne, et il Pino salvatico, et il Moro, et l’Acero, et l’Olmo, non sono disutili. Teofrasto pensa che il Noce di Negroponte, sia alle Travate, et a correntami utile, percioche avanti ch’egli si rompa, ne fa segno con il suono, et che però già nel bagno di Andro avenne, che tutti coloro, che vi si trovarono, fuggirono a salvamento, dalla sopravenente rovina de tetti. Ma l’Abeto è più di tutti gli altri migliore: Percioche essendo esso, et per grandezza, et per grossezza infra primi Alberi, da un suo naturale rigore contenuto, non si piega cosi facilmente sotto i pesi, che gli stan sopra, ma stà diritto, et senza lasciarsi vincere. Aggiugni ch’egli è agevole, et con il suo peso, non è poi molesto sopra le mura: a questo solo si attribuiscon grandissime lodi, et dicono, che presta di se grandissime utilitadi; nientedimanco, non niegano ch’egli ha uno difetto, cioè che facilmente è sottoposto allo ardere, et offeso grandemente da i fuochi. A questo non si pospone nel fare i palchi delli edificii l’Arcipresso, Albero per certo di sorte, che infra li nostri primi Alberi, si usurpa la principale et precipua lode. Gli antichi l’annoverano infra gli eccellentissimimi Alberi, nè ultimo da il Cedro, et dall’Ebano. In India l’Arcipresso è annoverato infra le Drogherie, et certo meritamente: lodi pur chi vuole la Thuia Ammonia, o Cirenaica, la quale Teofrasto dice che è eterna: Percioche o vogli tu in quanto all’odore, o alla bellezza, o alla fortezza, o alla grandezza, o alla dirit-
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