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libro secondo | 31 |
ra, che con simile spesa, o con simile opportunità si sia possuta condurre. Nè basta in queste cose non esser spregiato, ma è cosa conveniente, l’esserne primieramente lodato, et di poi ancora essere imitato. Laonde ci bisogna essere severi, et più che si può diligenti esplicatori delle cose. Et è da avertire, si che e’ non vi si mescoli cosa alcuna, che non sia eccellente, et lodata grandemente: si ancora che tutte le cose scambievolmente infra loro concorrino con dignità, et gratia, insino a tanto, che tutto quello che tu vi volessi aggiugnere, o mutare, o levare, vi stesse peggio; et fosse maggior mancamento. Ma di queste cose io te lo ridico di nuovo, et da capo, fa che e’ ne sia moderatrice la prudenza et il consiglio di coloro, che di ciò sono più ammaestrati, che l’habbino ad approvare con alcuno retto, et sincero giudicio. Percioche da il sapere, et da gli ordini di costoro, ti averrà, o che tu farai cose ottime, overo simili alle ottime; più tosto che dal tuo privato senso, et volontà. Finalmente lo esser lodato dalla voce di coloro che sanno, è invero cosa bellissima, et lodano assai, et pur troppo approvano coloro, che non mettono innanzi cose migliori. La onde tu hai ancora questo piacere, che e’ non sarà nessuno di quei che sanno, che non convenga teco. Et gioveratti lo stare a udire; perche talvolta accade, che quei che non s’intendono di simili cose, ne dichino alcune, che quei che sanno, non se ne fanno beffe: quando tu harai ben guardato, et riveduto, et esaminato da tutte le parti del modello, la proportione dello edificio, in modo che e’ non vi sia rimasto cosa alcuna in dietro in alcun luogo, che tu non l'abbia considerata, et notata, et che in tutto, et per tutto ti sarai risoluto di edificare in quella maniera, et che tu saprai, onde hanno da uscire i danari per reggere commodamente le spese; Apparechierai le altre cose necessarie a mettere ad effetto essa opera; accioche nello edificare, non ti manchi cosa alcuna che ti tenga in dietro da finir l’opera con prestezza. Percioche havendo tu bisogno di più cose a condur l’opera, et conciosia che qual se Luna che vi manchi, ti possa impedire, et fare difettuosa tutta la muraglia, ti si aspetterà di non ti esser fatto beffe di cosa alcuna che essendovi ti giovi, o mancandovi ti nuoca. Gli Re de Giudei David, et Salamone, quando hebbero a fare il Tempio in Ierosolima havendo ragunato gran copia di oro, di argento, di bronzo, di legni, di pietre, et di simili cose; acciò non vi mancasse cosa alcuna che conferisse al fare l’opera facile, et prestamente, (secondo che scrive Eusebio Pamphilo) mandarono a i Re vicini per parecchi migliaia di Maestri et di Architettori. Il che io grandemente lodo, perciò che arreca certo degnità all’opera, et rende la gloria di chi l’ha fatta maggiore; perche quella opera, che è fatta con grande arte, et condotta prestissimamente, è appresso degli Scrittori celebrata. Racconta Curtio, che Alessandro Macedone appresso al Tanai, in fare una Città non piccola, non consumò più che sette giorni: et Iofepho historico dice che Nabucdonosor fece il Tempio a Belo in quindici giorni, et che il medesimo pure in quindici giorni cinse Babilonia di tre circuiti di mura. Et che Tiro fece un muro di poco manco che di cinque miglia, et Semiramis presso a Babilonia fece per ogni dì uno ottavo di miglio di grandissime mura; et che ella fece mura di venticinque miglia molto profonde, et molto larghe in non più che sette giorni per ristringere il lago. Ma parleremo di questo altra volta.
Che cose si habbino a provedere per l’edificio. Quai Maestri si habbino a eleggere, et in che tempo, secondo il parere delli Antichi, si debbino tagliare i legnami.
cap. iv.
mili. |