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DELLA ARCHITETTURA

di

leon batista alberti.

libro secondo.

NEL QUALE SI TRATTA DE' LEGNAMI.


Che e’ non si debbe cominciare uno edificio a caso, ma bisogna havere molto tempo primma imaginato, et risolto per l’animo, ch’ente, et quale debba riuscire un tal lavoro, et che si debbe bene considerare, et esaminare con il parere di huomini intelligenti, tutto l’edificio in se, et ciascuna proporzione, et misura di qualunque parte di quello, non solamente con haverlo disegnato, o dipinto, ma con haverne fatti modegli, et esempj, o d’asse, o di qualch’altra cosa, accioche murato poi non ti penta di quel c’harai fatto.

cap. i


I
O non penso, che le opere, et le spese de gli edificii si debbino cominciare a caso: si per molte altre cagioni, si ancora perche il fare questo non nuoca, nè allo honore, nè alla riputatione. Percioche si come un’opera bene, et compiutamente fatta, arreca lode a tutti coloro, ch’hanno posto in lei ogni loro sapere, fatica, et studio; cosi ancora se vi sarà cosa alcuna, nella quale tu desiderassi che l’autore havesse havuto in conto alcuno alquanto più arte, o sapere, nocerà molto alla sua lode, et riputatione. Et sono certamente manifeste, et quasi che in su gli occhi le lodi, et i difetti de gli edificii, et massime de publici: ne quali (io non so in che modo) quello che vi è, che non se gli convenga, tira gli huomini a dispregiarlo, più tosto che quello che vi è di bello, et ben fatto, et compiutamente finito, non gl’induce a maraviglia. Et è certo cosa maravigliosa, perche sia cosi, che per instinto di natura, o dotti, o ignoranti, tutti sentiamo in un subito in le arti, et ragioni delle cose, quel che vi sia, che stia bene, o male; et in si fatte cose hanno certo gli occhi uno conoscimento più di tutti gli altri acutissimo. Onde aviene che se e’ ci viene innanzi cosa alcuna zoppa, o corta, o che non vi faccia niente, o che non vi habbia gratia, subito ci sentiamo commovere, et desideriamo ch’ella vi sia più bella. La cagione perche cosi avenga non sappian noi tutti; nientedimeno se noi ne fussimo dimandati, non saria nessuno che non dicesse ch’ella si potrebbe rimediare, et correggere. Ma non saprà ognuno già trovare il modo da rimediarvi, ma solamente coloro che saranno in ciò pratichi, et esercitatissimi. Egli è officio di huomo savio haversi da principio nell’animo, et nella mente sua pensato, et recatosi a fine, ogni et qualunque cosa. Accioche poi o nel fare l’opera, o nella già fatta, non s’habbia a dire: io non vorrei questo, o io vorrei questo altro. Et è certo cosa maravigliosa, che di una opera mal condotta, sopportiamo non leggerissime pene. Percioche in progresso di tempo finalmente ci aveggiamo, che noi non considerammo quello che pazzamente, et senza consiglio, ci mettemmo a fare di principio. Onde accade che se tu non lo disfai, racconcilo, te ne penti continovamente, per la offesa del difetto; o se tu lo getti in terra, sei biasimato per conto della spesa, et del danno, et accusato di leggierezza, et di

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