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libro primo. | 13 |
no nocivo. In Francia nascono di rado mostri, in altri luoghi i Fisici affermano che nel mezo dell’estade, et nel mezo dello inverno, non tuona mai: Ma in campagna fecondo che dice Plinio, sopra quelle Città, che son poste a mezo dì, in detti tempi tuona: Et dicono che i Monti presso ad Albania son chiamati Ceraunii, dal cadervi continuamente saette. Oltra questo, perche nella Isola di Lemno cascano continuamente saette; dice Servio, che ciò ha dato cagione a’ Poeti di dire che Vulcano cadesse in quel luogo. Appresso allo stretto di Galipoli, et infra gli Essedoni, non si son mai nè sentiti tuoni, nè veduti baleni. Se in Egitto piove, è tenuta cosa prodigiosa. Apresso lo Hidaspe, nel cominciar dell’estate, piove continuamente. Dicono che in Libia si muovono i venti tanto di rado, che per la grossezza dell’aria, si veggono in Cielo varie specie di vapori: Ma per il contrario nella maggior parte della Galatia, soffia di state il vento con tanto impeto, che in cambio di tirare in alto la rena, vi spinge le pietre. In Spagna vicino all’Ibero, dicono che il vento maestro soffia talmente, che dà la volta a’ Carri ben carichi: In Ethiopia si dice che non soffia Ostro: Et gli historici dicono che in Arabia presso a’ Trogloditi questo medesimo vento abbrucia ciò che ei vi trova di verde: et Tucidide scrive che Delo non è mai stata molestata da i tremuoti, ma sempre si è stata salda sopra il medesimo sasso, ancor che le altre Isole a lei vicine, sieno state assai volte rovinate da tremuoti. Noi veggiamo, che quella parte d’Italia che è dalla Selva dello Aglio, sotto Roma, per tutta la maneggia de’ colli di campagna di Roma, infino a Capua, è tormentata da continui tremuoti, et quasi rovinata del tutto. Alcuni pensano che Achaia sia cosi detta da spesse inundationi di acque. Io truovo che Roma è sempre stata febricosa, et Galeno pensa, che tai febbre sieno una nuova specie di terzana doppia, alla quale varii, e quasi contrarii rimedii, in varie hore si debbono applicare. Egli è ancora appresso de’ Poeti antica favola, che Tiphone sotterrato nell’Iaola di Procida apesse volte si rivolge, et che di quì nasce, che bene spesso l’Isola triema tutta da’ fondamenti. Di questo caso hanno cosi cantato i Poeti, perciò che l’isola è vessata da tremuoti, et da bocche, che gettano in modo, che gli Eritrei, et i Calcidesi, che già in quella habitarono, furono forzati a fuggirsene. Et di nuovo poi coloro che vi furono mandati da Hierone Siracusano, acciò vi edificassero una nuova Città, per la paura del continuo pericolo, et di tal miseria se ne fuggirono. Per tanto tutte le cose, così fatte, si debbono riandare con lunga osservatione, et notarle et farne comparationi assomigliandole ad altri luoghi, accioche per questo se ne acquisti buona, et intera notitia.
Di alcune più occulte commoditadi, et incommoditadi della Regione, le quali da Savii debbon essere ricerche.
cap. vi.
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