panni, o con frondi, o con le mani. Apelle dipigneva solamente quella parte de la faccia di Antigono, da la quale non appariva il difetto de lo occhio. Et Homero quando desta Ulisse nel naufragio dal sonno, per non fare che egli andasse ignudo per la selva dietro alla voce de le donne, si legge, che diede a quel huomo una de le fronde de gli arbori, accio che si coprisse le vergogne. Raccontano che Pericle haveva un capo lungo et brutto, et però da pittori, et da gli Scultori non fu fatto mai a capo scoperto, come gli altri, ma sempre con la celata in testa. Oltra di questo Plutarco racconta che i Pittori antichi usavano nel dipignere i Re, se egli havevano difetto alcuno quanto alla forma loro, non volevano che ei paresse che essi lo havessino lasciato in dietro, ma salvataa la somiglianza lo emendavano quanto più potevano. Questa modestia et questa reverentia, desidero io che in tutta la historia si osservi, a ciò che le cose oscene o si lascino da parte, o si emendino. Finalmente come io dissi penso che sia da affaticarsi che in nessuna immagine si vegga il medesimo gesto, o la medesima attitudine. Farà oltra di questo la historia stare gli spettatori con gli animi attenti, quando quegli huomini che vi saranno quieti, rappresenteranno grandissimamente i moti degli animi loro. Imperoche ei avviene da la natura, de la quale non si truova cosa alcuna che sia più rapace, ne che ci tiri più de le cose simili, che noi piangiamo con chi piange, ridiamo con chi ride, et ci condogliamo con chi si rammarica. Ma questi moti de lo animo si conoscono, mediante i moti del corpo. Imperoche noi veggiamo come i melanconici, perche ei sono afflitti da i pensieri et stracchi da la infermità, come ei sono per modo di dire agranchiati di tutti i sensi et forze loro, et come ei si stanno lenti lenti con le membra pallide et che quasi cascano loro. Imperoche coloro che si rammaricano, hanno veramente la fronte bassa, il capo languido, et tutte le altre membra finalmente come stracche, et abbandonate gli cascano. Ma gli stizzosi perche gli animi se gli accendono per la stizza, et la faccia et gli occhi gli gonfiano, et gli diventano rossi et i moti di tutti i membri, mediante il furore de la stizza, sono velocissimi et fieri. Ma quando noi siamo lieti et allegri, allhora habbiamo i moti sciolti et grati mediante alcune attitudini, E’ lodato Eufranore, che in Alessandro egli dipinse talmente il volto di Paride, et la faccia, nella quale tu facilmente potevi riconoscerlo et Giudice de le Dee, et innamorato di Elena, et insieme ammazzatore di Achille. Maravigliosa lode è ancora quella di Daemone Pittore, che nelle sue tavole potevi riconoscere esservi lo iracondo, lo iniusto, lo inconstante, et insieme ancora lo esorabile et il clemente et il misericordioso et il glorioso et l’umile, et il feroce. Ma infra gu altri raccontano che Aristide Thebano pari ad Apelle, espresse grandemente questi moti de lo animo; i quali è cosa certa che noi ancora potremo molto ben fare quando noi porremo in questa cosa quello studio et quella diligentia che ci si conviene. Bisogna adunque che il Pittor sappia eccellentemente le atitudini et i moti del corpo, i quali io giudico che si habbino a cavare dal naturale con infinita diligentia. Imperoche la cosa è difficilissima mediante gli infiniti moti de lo animo, per i quali si variano ancora i moti del corpo. Oltre di questo chi crederia, se non chi ne ha fatto la esperientia, che egli e difficilissimo quando tu vorrai dipignere uno viso che rida, schifar quello per il quale egli parrà più tosto piangere che ridere? Oltra di questo chi sarà quello che possa senza grandissimo studio et diligentia esprimere i volti, ne quali et la bocca, et il mento, et gli occhi et le guance et la fronte et le ciglia, si confrontano et uniscono insieme et al pianto et al riso? Et perciò bisogna diligentissimamente andarle ritrovando dal naturale, et immitar sempre le cose più pronte. Et principalmente si debbon dipignere quelle cose le quali lascino agli animi più da pensare, che quelle che si veghon da gli occhi. Ma raccontiamo noi alcune cose, che noi habbiamo fabricate con il nostro inge-