tione mi par veder che molto eccellentemente più che alcuno altro de gli antichi la intendesse Timante, il qual Dipintore, dipingendo sopra una piccola tavoletta il Ciclope che dormiva, ve li dipinse appresso i Satiri, ch’abbracciavan il dito grosso del dormiente, acciò mediante la misura de Satiri, colui che dormiva apparisse infinitamente maggiore. Habbiamo insin qui dette, quasi tutte quelle cose che si aspettano alla forza del vedere, et a conoscer il taglio. Ma perche giova al caso nostro il sapere non solo quel che sia, et di che cose il taglio, ma come ancor egli si faccia, ci resta a dire di questo taglio, con qual’arte nel dipignere egli si esprima. Di questo adunque, lasciate l’altre cose da parte, racconterò io quel che faccia, mentre ch’io dipingo. La prima cosa nel dipignere una superficie, io vi disegno un quadrangolo di angoli retti grande quanto a me piace, il quale mi serve per un’aperta finestra da la quale si habbia a veder la historia, et quivi determino le grandezze de gli huomini ch’io vi voglio fare in pittura, e divido la lunghezza di quest’huomo in tre parti, le quali a me sono proportionali, con quella misura che il vulgo chiama il braccio. Imperoche ella è di tre braccia, come si vede chiaro da la proportione de membri dell’huomo, perche tale è la commune lunghezza per lo più del corpo humano. Con questa misura adunque divido la linea da basso che sta adiacere del disegnato quadrangolo, et veggo quante di cosi fatte parti entrino in essa: et questa stessa linea adiacere del quadrangolo è a me proportionale alla più vicina a traverso ugualmente lontana veduta quantità nello spazzo. Dopo questo io pongo un punto solo dove habbi a correre la veduta, dentro al quadrangolo, il qual punto preoccupi quel luogo al quale habbi ad arrivare il raggio centrico, e però lo chiamo il punto del centro: portassi questo punto convenientemente, non più alto da le linee che diace, che per quanto è l’altezza del huomo che vi si ha a dipignere, peroche in questo modo et coloro che riguardano, et le cose dipinte pare che sieno ad un piano uguale. Posto il punto del centro, tiro linee diritte da esso punto a ciascuna de le divisioni de la linea diritta che diace: Le quali linee veramente mi dimostrano, in che modo havendo io a procedere sino all’infinità et ultima lontananza, et si ristringhino le quantità da traverso all’aspetto et veduta mia. Fig. 3. Qui arieno alcuni che tirerebbono entro al quadrangolo una linea ugualmente distante da la già divisa linea, et dividerebbon in tre parti lo spatio che sarebbe fra le due dette linee. Di poi con questa regola tirerebbono un’altra linea parimente lontana da quella seconda linea, parimente lontana, talmente che lo spatio che infra la prima compartita linea, et quella seconda linea a lei paralella, o parimente lontana, diviso in tre parti, ecceda di una parte di se stesso quello spatio che è fra la seconda et la terza linea, et di poi aggiugnerebbono l’altre linee, talmente che sempre quello spatio che seguitassi inanzi infra le linee, fusse per la metà più, per parlare come i Matematici. Si che in questa maniera procederebbono costoro, i quali se ben dicono di seguire una ottima via nel dipignere, io nondimeno penso che essi errino non poco. Perche havendo posto a caso la prima linea parallela alla principale, se ben l’altre parallele son poste con regola et con ordine, non hanno però cosa per la quale essi habbino certo et determinato luogo de la punta de la piramide da poter bene vedere la cosa; dal che ne succedono facilmente nella Pittura non piccoli, errori. Aggiugni a questo, che la regola di costoro saria molto falsa, la dove il punto del centro fusse posto o più alto, o più basso de la statua del huomo dipinto: conciosia che tutti quei che sanno, diranno che nessuna de le cose dipinte, conforme alle vere, se ella non sarà posta con certa regola distante dall’occhio, non si potrà sguardare, ne discernere. De la qual cosa esporremo la ragione, se mai noi scriveremo di queste dimostrationi de la Pittura, le quali già fatte da noi, gli amici nostri mentre le guardavano con maraviglia, le chiamarono i miracoli de la Pittura. Imperoche tutte queste cose che io