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libro decimo. 267

l’acqua penetri per la rena sottilissima. Appresso a Bologna hanno un tufo gialliccio, che tiene di rena, per il quale l’acqua a gocciola a gocciola si distilla chiarissima. Sono alcuni, che fanno il pane con l’acqua del Mare, la quale è più atta che alcuna altra a corrompersi. Tanta possanza hanno le si fatte stillationi, che noi habbiamo racconte, che fanno la detta acqua, sana, et buona. Dice Solino, che se l’acqua di Mare si cola per la arzilla, ella diventa dolce. Et si è trovato, che dove ella si cola più, et più volte per la sottile rena di alcuno torrente, ella lascia la sua salsedine. Se tu metterai in Mare un vaso di terra ben turato, e’ si empierà d’acqua dolce. Et non sia questo fuor di proposito che in quei vasi, ne quali e’ ponevano l’acqua del Nilo, che fusse torbida, se e’ fregavano intorno il labro, et il margine dell’acqua con mandorla, in un subito diventava chiara. Et queste cose sieno a bastanza. Se per aventura i condotti de doccioni, o cannelle cominciassino a riturarsi per fango, mettivi dentro o una gallozzola, o una palletta fatta di sughero legata a un filo sottile, et lungo, et quando la corsiva harà condotta la palla con il filo per il condotto sino all’altra testa, lega a questo filo cosi sottile, un’altro filo più grosso, et finalmente poi una fune di herba. Dipoi con tirarla inanzi, et in dietro più volte si caveranno fuori quelle cose che vi havevano fatta seccata.


Del por le Viti nel prato: et in che modo le selve creschino ne luoghi padulosi, et come si rimedii alle regioni, che sono molestate dall’acque.

cap. ix.


V
Egniamo hora all’altre cose. Dicemmo che gli habitatori hanno bisogno di cose da mangiare, et di vestimenti: queste cose ci saranno date da la Agricoltura, et lo andar dietro a quelle arti non è nostra intentione. Nondimeno hanno alcune cose gli Architettori, che giovano allo Aratore, et questo è, che se uno campo, o per la troppa aridità, o per la soverchia abbondantia dell’acqua, sarà tale, che altrui non possa servire per cultivarlo, (di queste cose ci gioverà dire brevemente alquanto). Farai in un prato, et in un luogo humido una vigna in questo modo: Caverai da Levante a Ponente a dirittura con linee discosto parimente l’una da l’altra fosse più afonde che tu potrai, larghe nove piedi, et quindici piedi discosto l’una da l’altra, et il terreno, che tu caverai de le fosse, ammonterai in lo spazzo, che ti resta tra l’una fossa, et l’altra, di modo che col pendio riceva il Sole di mezo dì: con questo ordine fatte quelle collinette, la vite sarà più sicura, et più fertile. Per il contrario in un colle arido farai il prato in questo modo: Farai una fossa lunga, che non habbia pendio, ma che l’acqua vi si fermi nella più alta parte con li argini pareggiati, et fatti a un piano con la livella. Et in questo condurrai l’acqua de le più vicine fontane, et quella sboccando da gli lati, ugualmente annaffierà la campagna, che ella harà sotto. Nella campagna di Verona, piena di ciotoli, et ignuda et magra del tutto, hanno fatto che in alcuni luoghi, per lo spesso darvi dell’acqua vi si è fatta una scorza di cespugli, et un prato lietissimo. Se tu vuoi che in luoghi paludosi cresca la selva, fenderai il terreno con lo aratro, et estirperai insino da le radici ogni cespuglio. Dopo questo, di verso Levante spargivi ghiande di roveri, con questa sorte di sementa diventerà il luogo pieno di abbondanza di piante, da le quali l’humore superfluo in gran parte sarà succiato: oltra questo et per il crescimento de le barbe, et de le foglie, che cascano et per lo accumularvi de rami diventerà il terreno l’un dì più che l’altro alquanto più sollevato. Se tu annaffierai ancora con acque torbide perche le vi si fermino, farai una crosta all’altre acque, che vi son sotto: ma parleremo di queste cose altrove. Ma se la regione sarà molestata da la abbon-

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