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libro decimo. 249

di argini, et steccati alti, simili a Castelli, de quali per tutto si servivano contro le scorrerie de nimici. I Persiani serrate le cateratte impedivano il fiume Tigri, acciò per esso non potesse salire nessuna Nave come inimica: Le quali da Alessandro furono disfatte, et guaste, dicendo ch’ell’erano cose da animi vili, et poltroni, et gli persuase che più tosto si difendessino con la virtù de le forze. Sonci alcuni, c’hanno fatto il loro paese simile a un palude, con il condurvi le acque in abbondantia, come si dice che si faceva la Arabia, la quale mediante le paludi, et li stagni che per lo Eufrate vi si causavano, dicono ch’era fortissima contro la venuta de nimici. Con questi affortificamenti adunque renderono, i paesi fortissimi contro le iniurie de nimici, et con le medesime arti feciono il paese de li inimici più debole. Ma quelle cose, che faccino l’aria cattiva, raccontammo noi assai a lungo nel suo luogo conveniente: le quali cose se tu andrai raccogliendo, troverai che per il più saranno di queste maniere: percioche o da le troppo grandi sferze de soli, o da le troppo ombre, o da fiati cattivi, et grossi, che venghin d’altronde, o da cattivi vapori che eschino de la terra, si corromperà l’aria; o vero da per se stessa l’aria si, arrecherà dietro qualche difetto. Che l’aria quando ella è cattiva o corrotta, possa emendarsi da alcuna arte de gli huomini, non è a pena alcuno che il creda, se già non giova quel che egli scrivono, che placati gli Dii, o per consiglio de li Dii, come se si fusse confitto il chiodo per il Consolo, si placarono alcuna volta pesti crudelissime. Contro alle troppo grandi sferze del Sole, et de venti per gli habitatori di alcuna terra, o de le ville, non mancheranno rimedii che giovino, ma il volere rimediare a un paese, o provincia intera, non so io già come ci faremo, ancor che io non niego, che i difetti, che in gran parte procedono, et vengono portati da la aria, non si possino rimediare, dove accagia che i vapori nocivi de la terra si levino via: per la qual cosa io non ho da andar dietro a vedere, se o per la possanza, del Sole, o per il conceputo ardore nelle intime viscere, la terra esali, et mandi fuori quei duoi vapori, l’uno che sollevandosi in l’aria si converta per il freddo in pioggie, et in nevi, l’altro è il vapore secco, peri il quale si muovono i venti. Siaci solamente noto a noi, che l’uno, et l’altro esala, et esce della terra, et si come quei vapori, che esalano fuori de corpi de li animali, sentiamo che sanno di quello odore, di che è quel tal corpo, ciò è che di un corpo pestilente ne esce puzzo pestifero, et di un corpo odoroso ne esce suave, et simili. Alcuna volta ancora si vede che accade manifestamente, che quel sudore, et quel vapore, che in quanto a se non è molesto di sua natura, nondimeno per il sudiciume de le vesti infettato spuzza. Cosi interviene nella terra. Percioche quella campagna, che non sarà ben coperta di acqua, et ne ancora asciutta a bastanza, ma quasi come un loto, et una fanghiglia, questa certo per più cagioni esalerà fiati nocivi, et infetti. Et faccia questo a nostro proposito, che dove noi sentiamo il Mare profondo, vi troviamo le acque fredde, et dove non è molto fondo, le troviamo tiepide, et dicono, che cio accade perche i raggi del Sole non possono penetrare, ne passare fino al fondo, et si come se tu mettessi un ferro rovente, et ben candito nell’olio, et quello olio fusse poco, subito ecciterebbe fumi forti et torbidi: ma se vi sarà assai olio che sopravanzi al ferro, spegnerà subito quel calore, et non farà fumo alcuno. Ma tratteremo di queste cose con quella brevità, che noi habbiamo incominciato. Essendo stata risecca una palude intorno a una certa terra, et essendo per tal conto successa la pelle, scrive Servio, che andorno a chiederne consiglio ad Apolline, et che gli rispose che la seccassino affatto. Vicino a Tempe vi era uno stagno d’acqua molto largo, et Hercole fattovi una fossa lo seccò et seccò anco la Hidra: dal qual luogo i rompimenti de le acque guastavano la Città propinqua, come e’ dicono; onde avvenne che consumato lo humore superfluo, et fatto divenire il terreno sodo, et asciutto, levarono via i rivi de le acque sopr’abbondanti.


I i Già