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238 | della architettura |
Oltra di questo ne ordinarono un’altra maniera de le più sottili, et le chiamarono Corinthie, fattole de la mediocrità di quella somma maggiore congiunta con la somma de la Ionica, et accozzati i numeri insieme, dividendola per il mezo, percioche il numero ò somma de la Ionica fu otto, et la somma maggiore fu dieci, che congiunti insieme fanno diciotto: la metà de le quali parti è nove, et in questo modo vollono, che le colonne Corinthie fussino lunghe per nove volte il diametro da basso de la colonna, le Ioniche per otto, et le Doriche per sette. Et di lor sia detto a bastanza. Restaci à trattare del collocarle, et del situarle. Il situarle si aspetta al sito, et alla sede de le parti; la quale si conosce molto meglio quando ella è male accomodata, che non si scorge da per se il modo da saperla ben collocare. Conciosia che essa in gran parte si referisce al giudicio naturale, che è inserto nelli animai de li huomini, et in gran parte ancora si confà con le maniere de finimenti. Nondimeno alla cosa de la quale si tratta, sien questi come suoi generi o vero maniere: le parti ancor che minime che sono per il lavoro a luoghi loro, fanno bellezza à vederle, ma le poste in altro luogo non degno, ne à loro conveniente, se elle sono eccellenti diventano vili, quanto che nò si vituperano. Et ecco il medesimo nelle opere de la natura, come per modo di dire se al Cane fusse appiccata nella testa una orecchia di asino, ò se alcuno caminasse con un pie maggior che l’altro, ò con una mano grande, et l’altra piccola, costui certo sarebbe scontrafatto, et il vederli infra i cavalli ancora uno c’habbia un occhio gazino, et l’altro occhio nero, è cosa brutta: tanto è cosa naturale, che le cose da destra debbino di pari corrispondere à quelle da sinistra. Per la qual cosa osserveremo inanzi tratto, che tutte le cose, ancor che minutissime stieno, à un piano, et a un diritto corrispondentesi di numeri, di forma, et di faccia: Talmente che le cose da destra a quelle da sinistra, le alte alle basse, le vicine alle vicine, le uguali alle uguali ugualmente convenghino, et corrispondino allo ornamento di quel corpo, del quale elle hanno ad essere parti. Anzi et le statue, et le tavole, et tutto quello che di bello si applicherà, è di necessità, che si accomodi di maniera che elle paiono nate in questi luoghi, et come sorelle. Gli Antichi hebbono tanta avertenza a questa corrispondentia delle cose, che e’ vollono nel porre, non che altro, le tavole di marmo, che elle si corrispondessino esattissimamente di grandezza, di qualità, di finimento intorno di sito, et di colori. Io hò veduto cosa certo eccellente appresso de gli Antichi, nella quale io mi soglio maravigliare de la eccellentia de la arte; conciosia che in alcuni luoghi egli avertirono nel porre de le statue, et ne frontispicii de Tempii, che le cose che e’ ponevano in uno lato, non fussino ne di disegno, ne di materia differenti da quelle de lo altro lato in cosa alcuna benche minima. Noi veggiamo carrette di duoi, et di quattro cavalli, et statue di chi le guida, et di chi vi è attorno, talmente simili l’una a l’altra che e’ si può dire che la arte habbia superata la natura, nelle opere de la quale non veggiamo pur un naso simile all’altro naso. Si che sia horamai à bastanza l’haver dimostro che cosa sia la bellezza, et in quel che ella consista, et con che numeri, et con quale finimento i nostri Antichi collocassino le cose.
Di alcuni più gravi difetti de la Architettura.
cap. viii.
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