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libro nono. 223

ti sia per riuscire questo: dall’altra parte un padre di famiglia, rispetto alle facende de la Città, et negotii civili, ha gran bisogno d’essere spesso in Piazza, in Palazzo, et nelle Chiese, et a far questo comodamente gliene darà grande occasione la casa dentro nella Città: si che le Ville impediscono le facende, et queste de la Città non conferiscono alla sanità. Usarono i Capitani de gli esserciti mutarsi di alloggiamenti, accioche non fussino offesi da puzzi cattivi. O che pensi tu che habbia ad intervenire ne la Città, ne la quale sono tante immunditie, et ragunatevi in si lunghi tempi, che da ogni parte svaporano? le quali cose essendo in questo modo, io giudico che di tutte le muraglie che si fanno per commodità de bisogni de gli huomini, la principale et la più salutifera sia il Giardino, il quale et non t’impedisca da le facende, et anco non sia senza qualche parte di aria bonissima. Procurava Cicerone che Attico gli provedesse i Giardini in luogo celebrato, ma io non gli vorrei in luogo tanto frequentato, che e’ non mi fusse lecito starvi su la porta senza essere addobbato. Io vorrei che egli havesse quelle commodità che diceva colui appresso di Terentio, il qual diceva:

Ne la Città, ne la Villa m’incresce.

Et bene appresso di Marziale:

Da che pur vuoi saper quel ch’io fò in Villa,

Sappi c’hor mangio, hor beo, hor canto, hor giuoco,
Hor mi lavo, et hor ceno, et talhor dormo,

Hor leggo, hor desto Appollo, hor Muse incito.
Et dilettano assai le cose simili, et i luoghi da ritirarvi facilmente vicini alla Cittade, dove ei ti è lecito di far tutto quello che ti vien bene. Se il luogo sarà vicino alla Città, se e’ vi si andrà per la strada aperta, chiara, et luminosa, se il paese sarà dilettevole, allhora sarà quel Giardino celebratissimo. Diletterommi di habitare in questo simil luogo, se questa muraglia a chi esce subito de la Città si dimostrerà tutta in faccia lieta, come se ella allettasse, et affrettasse gli huomini ad andarvi; et per questo vorrei io che ella fusse alquanto rilevata, et che e’ vi si salisse tanto dolcemente, che coloro che vi vanno, non se ne accorgessino, se non quando si trovano in su il luogo, considerando che di quivi scuoprono assai paese, nè vorrei vi mancassino fiorite praterie et campi molto aprichi, et ombre di fresche selve, et limpidissime fontane et chiari rivi, et luoghi da notare, et le altre cose che altrove dicemmo appartenersi alle Ville, si per diletto, come per bisogno. Ultimamente io vorrei, che tutta la faciata, et tutta la massa di tutto l’edificio (il che conferisce molto all’essere gratiato) fusse da ogni banda luminosissima, et molto aperta, ricevesse da largo cielo lumi grandissimi, grandissimi soli, et gran quantità d’aria saluberrima. Non voglio che e’ vi si vegga in alcun luogo cosa nessuna che con ombra manenconica offenda altrui. Rida, et si rallegri ogni cosa alla venuta de forestieri. Stieno coloro che di già sono entrati in casa, in dubbio, se e’ vogliono per diletto de lo animo loro passare più inanzi, o pur fermarsi quivi dove e’ sono; quasi provocati da la allegrezza, et da lo splendore de le cose. Vadiasi da le stanze quadrate nelle tonde, et da le tonde di nuovo nelle quadrate, et di queste si vadia in altre stanze, che non sieno ne tutte tonde ne tutte quadrate, et nel passare più adentro nelle più secrete stanze de la casa, fa che e’ non vi sia pur uno scaglione che tu habbia à scendere, ma insino nelle ultime stanze fa o di andare a piano, o che le soglie non vi sieno tropp’alte.

Che