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libro sesto. 151

questo che la Ritonda in Roma era coperta di piastre di rame adorate. Et Papa Honorio, quello (dico) al tempo del quale Maumetto ordinò a lo Egitto, et a la Libia nuova Religione, et nuovi sacrificii, coperse la Chiesa di San Pietro tutta di tavole di rame. La Germania risplende per i tegoli invetriati. In molti luoghi usiamo il piombo, opera certo atta a durare assai, et sopratutto ha del gratioso, et non è di grande spesa, ma e’ si arreca dietro queste incommodità, che se egli si mette in calcina per non potere respirare da lato di sotto, ribollendo quelle Pietre sopra le quali egli è posto, per il fervore del Sole, si strugge. Faccia questo a nostro proposito, del che possiamo fare esperienza: Se si mette un vaso di piombo a fuoco pieno d’acqua non si strugge, ma mettivi una pietruzza dentro subito, per esser tocco si liquefa et si fora. Oltra a che non essendo egli confitto, o sprangato per tutto, è facilmente consumato da venti. Oltre a questo ancora si consuma et si guasta presto da la salsedine de le calcine: ma si accommoderà meglio in su legname, se già tu non hai paura del fuoco, ma in questo luogo sono scommodissimi i chiodi, et massimo di ferro, conciosia che ribollono et s’infiammano più che le Pietre, et si consumano all’intorno di ruggine, et per questo sopra volte debbono essere le spranghe, et i perni di piombo, accioche col saldatoio di ferro rovente si fermino nelle piastre di piombo, bisogna che vi si faccia sotto un piano di cenere di salci, lavata, mescolata con terra bianca, i perni di rame manco si infiammano, et manco offendono con la ruggine. Il piombo imbrattandosi di sterco, si guasta, et però bisogna avertire che non vi sieno luoghi dove gli uccelli possino commodamente posarvisi, o se pure vi si hanno da ragunare uccellami, mettasi materia più serrata dove si ha a ragunare lo sterco. Dice Eusebio che in cima del tempio di Salamone erano state messe certe catene, da le quali spenzolavano quattrocento campanette di bronzo, per il fuoco de le quali gli uccelli si fuggivano. Ne tetti ancora si adornano i frontispicii, et le gronde, et le cantonate, mettendovisi palle, fiori, statue, carrette, et simili cose, de le quali membro per membro tratteremo a luogo loro. Al presente non ci soviene d’altre, che si aspetti a trattare de gli ornamenti in genere, se non che secondo l’opere si mettino in luoghi accommodati quelle cose, che più se gli confanno.


Che gli ornamenti de vani dilettano assai, ma che hanno molte, et varie incommodità, et difficultà, et che i vani finti sono di due sorti, et quel che si confaccia a l’una, et a l’altra.

cap. xii.


G
Li adornamenti de vani arrecano all’opera et dilettatione, et grandezza non piccola, ma hanno molte gravi, et grandissime difficultati, a le quali non si provede senza grandissima diligentia del maestro, et grossa spesa. Percioche egli vi è di bisogno di Pietre grandi intere, uguali, eccellenti, rare, le quali cose non si trovano cosi facilmente tutte, nè facilmente si maneggiano, dirizzano, lavorano, o mettono insieme, secondo il tuo parere a punto. Cicerone usava dire, che gli Architettori dicevano, che e’ non si poteva piantare una colonna, che stesse a piombo, il che ne vani è oltra modo necessario si quanto a la stabilità, si ancora quanto a la gratia. Sonci ancora de le altre incommodità, ma a tutte per quanto si distenderà l’ingegno nostro, provvederemo. Il vano naturalmente è aperto, ma alcuna volta si fa dietro ad un vano un muro, come s’appicca la pelle ad una veste, et si finge uno vano non aperto, ma chiuso, il quale non male perciò chiameremo un vano finto: questa sorte d’ornamento fu, si come la maggior parte di tutti gli altri ornamenti, per far l’opera più gagliarda, et per spender manco, primieramente trovata da legnaiuo-

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