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convengono in questo, che in amenduni imitiamo la pittura con varii colori di pietre, di vetri, et di nicchi, con un certo accommodato componimento. Nerone dicono che fu il primo, che facesse segare i nicchi de le perle, et mescolarli nel Musaico. Ma in questo fon differenti l’un da l’altro, che nel Musaico di rilievo mettiamo pezzi di Pietre maggiori, che noi possìamo, ma nel Musaico piano non si mettono pezzi quadri maggiori che si sia una fava. Et quanto e’ sono più minuti pezzuoli, tanto più rendono lo splendore scintillante, riverberando quelle faccie i presi lumi in varie parti. Sono ancora in questo differenti, che ne lo attaccare quelle, è più utile lo stucco, che si fa di gomme: Et a queste in piano è più utile la calcina, che vi sia mescolato trevertino pesto come polvere. Sono alcuni, che al Musaico piano, vogliono che si bagni la calcina più et più volte con acqua bollita, accioche lasciata quella salsedine sia più morvida, et più pastosa. Io veggo che ne l’opere del Musaico di rilievo, sono state pulite a la ruota Pietre durissime. Nel Musaico piano s’appicca l’oro al vetro con calcina di piombo, la quale diventa più liquida, che qual si voglia vetro. Tutto quello che noi habbiam detto de li intonichi, o corteccie, fa quasi a proposito de pavimenti, de quali habbiam promesso di trattare, salvo però che ne pavimenti non si fanno si belle pitture, nè si belli Musaici, se già tu non vuoi che si chiami pittura il fare uno smalto di varii colori, et con ordine distinguerlo in spatii determinati fra marmo et marmo ad imitatione di pittura. Fassì di terra cotta, di mattoni cotti, di pietra, et di stiuma di ferro, et tale smalto quando è asciutto, bisogna che si schiumi: il che si sa in questo modo: habbi una Pietra viva, o più tosto un piombo di cinque pesi, c’habbia la faccia spianata, et con funi da l’una testa et da l’altra si tiri innanzi, et indietro tanto, et tanto per il pavimento, gettandovi sopra rena grossa, et acqua, che quasi radendo il pavimento lo pulisca grandemente, et non si pulirà se le linee, et i canti de li intavolati non saranno uguali, et conformi: se sarà unto, et malfido con olio di lino, farà una pelle come un vetro, et è molto commodo ugnerlo con morchia, et con acqua ancora ne la quale sia stata spenta calcina, gioverà assai se tu lo bagnerai più, et più volte. In tutte queste cose che noi habbiamo racconte, si ha da fuggire, che in un medesimo luogo non sia troppo spesso un medesimo colore, nè troppo spesse le medesime forme, nè messe insieme troppo a caso. Fuggasi ancora che le commettiture non sieno troppo aperte. Tutte le cose adunque si faranno, et si metteranno insieme con gran diligentia, accioche tutte le parti d’un tal lavoro mostrino d’esser finite ugualmente.


De le coperture de tetti, et de le volte, et de lastrichi scoperti, che cuoprono gli edificii.

cap. xi.


L
E coperture ancora hanno le loro ricchezze, et bellezze de le impalcature, de le volte, et de pavimenti scoperti. Sono ancora hoggi nel portico di Agrippa impalcature con travi di bronzo, lunghe quaranta piedi, opera certo ne la quale non saprai di che più sia da maravigliarsi, o de la spesa, o de lo ingegno del maestro. Nel tempio di Diana Efesia, come altrove dicemmo, durò grandissimo tempo un palco di Cedro. Racconta Plinio che Saauce Re di Colchi, poi che egli hebbe vinto Sesostre Re di Egitto, hebbe travi d’oro, et d’argento. Veggonsi ancora alcuni Tempii coperti di tavole di marmo, come quelle, che dicono ch’erano grandissime nel Tempio di Hierosolima, et splendidissime, et di candore maraviglioso, talmente che chi di lontano risguardava quel tetto, gli pareva vedere una montagna di neve. Catulo fu il primo che in Roma messe d’oro i tegoli di bronzo di Campidoglio. Trovo oltra di
que-