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di leonbatista alberti. ix

di fogliami et arme Pandolfeschi, intralciate insieme con vaga inventione. Sopra di esso salgono quattro colonne cannellate d’ordine composito, e di mezzo rilievo. I tre interstitii sono occupati da tre nicchie, de le quali quella di mezzo fà la porta maggiore, che và dentro alquanto con un bellissimo fogliamo: segue poi l’architrave, il freggio, et il cornicione, sopra del quale, dirimpetto alla porta vi andavano con l’istesso ordine due pilastri con una nicchia in mezzo, la quale se fusse stata fatta, havrebbe servito per dar lume alla navata di mezzo, et per collocarvi la statua del Signore Nel fianco del tempio di fuori, con superba e nobile inventione si vedono sette archi grandi, e sotto di essi altrettanti sepolcri, fatti a posta per servire di depositi d’huomini illustri Riminesi. La parte interiore de la fabrica non cede punto all’esteriore ne in grandezza di disegno, ne in delicatezza d’ornamenti, i quali, benche habbino un non so che di Gotico, se si considera la rozzezza di quel secolo, non sono tuttavia senza lode. I marmi di diverse sorti, cosi dentro come di fuori, sono stati con profusione adoprati, e si legge nella vita di Sigismondo, ch’egli passando con le sue genti vicino a Ravenna, ne spogliò con quella occasione le chiese antichissime di S. Severo, e di Classi, levandone le incrostature, e conducendo a Rimino tutto quello che più gli pareva a proposito per compire la sua opera, a tal punto che da Pio secundo fu meritamente biasimato, e chiamato sacrilego. In una de le capelle, che sono sei, si vedono le sepolture assai belle e ricche di Sigismondo, e di Isotta sua moglie, e sopra una (come scrive il Vasari) è il ritratto di esso signore, et in altra parte dell’istessa opera quello di Leonbatista.

L’anno 1551. Lodovico Gonzaga marchese di Mantova, il quale era divotamente affettionato all’Annunciata di Fiorenza, per un voto fattole da la sua consorte, per cagione d’un parto felice, fece fabricare, col disegno di Leonbatista, il coro, overo tribuna, che di presente si vede in quella chiesa, con l’armi intorno de la famiglia Gonzaga: la quale si come fà fede de la magnificenza di quel signore, cosi mostra il valore dell’architetto, che con maniera capricciosa, e molto difficile ordinò quell’edificio a guisa d’un tempio tondo con nove capelle d’intorno. E perche vi sono certe cose che non rispondono all’occhio con tutta quella gratia che si richiede, parendo per il giro de la fabrica che gli archi de le capelle, quando si guardano per profilo, calchino in dietro, rimandiamo il lettore a quanto ne scrive il Vasari.

L’istesso marchese volendo nella propria città riedificare da le fondamenta la chiesa di S. Andrea, venerabile per il sangue di Cristo, che vi si conserva, l’anno 1472. chiamò a se l’Alberti, e significandogli il pensiero ch’egli haveva d’illustrare Mantova con un nobilissimo, e superbissimo tempio, gli fece fare il modello del no-


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