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libro quinto. | 121 |
Che le Case di Villa sono di due sorti: et del collocare tutte le loro parti commodamente appartenenti parte a gli huomini, parte a gli animali, parte a gli instrumenti, et parte a bisogni delle cose necessarie.
cap. xv.
M
A essendo l’habitatione de le Ville, alcune che servono per i Padroni, et alcune per i lavoratori, et alcune di queste fatte primieramente per utilità, altre forse per diletto de l’animo: Parleremo prima di quelle, che si aspettano a lavoratori. Non bisogna che le case di costoro sieno molto discosto da le case de Padroni, accioche hora per hora si vegga quel che ciascun di loro faccia, et che e’ sappino quello, che sia bisogno di farli. Appartiensi a cosi fatte case per loro proprietà, che le robe che dal campo si possono condurre, si assettino, si raccolghino, et si serbino in essa: Se già questo ultimo officio, cioè di serbare le ricolte, tu non pensi che si aspetti più tosto a le case de Padroni, et a quelle ancora che sono ne le Città, che a quelle de la Villa. A queste cose darai tu perfetione con la moltitudine de gli huomini, et con la abbondantia de gli finimenti, et più che con altro con la industria, et con la diligentia del lavoratore. Gli Antichi volevano che la famiglia del lavoratore fusse di quindici persone: per amor di costoro adunque bisogna havere dove riscaldargli, quando fa loro freddo, o dove riceverli partitisi dal lavoro per i mali temporali, accioche e’ vi possino stare a mangiare, a riposarsi, et a ordinare le cose, che egli haranno di bisogno. Et però facciavisi una gran cucina, non buia, et sicura da pericoli de l’abbruciare, col forno, col focolare, col pozzo, et con l’acquaio. Di là da la cucina vi sia una camera, dove stieno le persone più qualificate, la cassa del pane, la carne salata, et i lardi da serbarsi per i bisogni di giorno in giorno. Gli altri si distribuischino di modo, che ciascuno sia sopra le cose sue, et pronto ad eseguirle. Il fattore di Villa stia a canto a la porta principale, accioche non possa alcuno senza sua saputa uscir fuori la notte, o portar via cosa alcuna. Que’ c’hanno ad havere cura de le bestie, stieno presso a le stalle, accioche per la diligentia loro, non resti a farsi cosa alcuna, che scaggia. Et questo basti quanto al numero de gli huomini. Gli instrumenti alcuni sono animati, come i bestiami, et alcuni senza anima come sono i carri, et i ferramenti, et simili: per amor di si fatti strumenti faccisi a canto a la cucina una gran capanna sotto la quale si riponga il carro, la treggia, lo aratolo, il giogo, le ceste da fieno, e simili altre cose, et sia detta capanna volta a mezo dì, accioche la famiglia ne l’inverno vi si possa stare a passarsi al Sole i giorni di festa. Al frattoio, et a lo strettoio bisogna dare un spatio grandissimo et nettissimo. Siavi ancora un magazino, dove si riponghino, et si serbino lo staio, le paniere grandi di vinchi, i panieri piccoli, le funi, i sarchiegli, i beccastrini, et altre si fatte cose. Sopra i legni, che attraversano le travi, ne le capanne distendinvisi graticci, et sopra vi si riponghino pali, pertiche, aste, vergoni, sermenti, et frasche, sagginali per i buoi, et canape, et lini non conci, et simili altre cose. I Bestiami sono di due sorti: una sorte serve a lavorare, come i buoi, et i cavagli; et l’altra sorte serve a fare frutto, come sono le troie, le pecore, le capre, et ogni armento. De Bestiami da lavorare diremo prima; conciosia che e’ servino, come per instrumenti; poi tratteremo di quelli, che servono a far frutto, che s’aspettano a la industria del fattore. Fà che le stalle per le bestie vaccine, et per i cavalli, non sieno l’inverno fredde; fa le mangiatoie gagliarde, acciò non gettino via quel che tu gli dai da mangiare. Fa che i cavalli habbino gli strami sopra da alto accioche non ne possino havere senza fatica, stando con la testa alta, percioche e’ ne diverranno con le teste più asciutte, et più agili di stiena. Per il contrario, dagli l’orzo, et l’altre biade, che e’ l’habbino a cavare, come giuQ | bas- |