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libro quinto. 99

a nimici terrazani. Euripide tiene per cosa certa, che la moltitudine naturalmente sia uno inimico potentissimo, et che se ella vorrà ridurre unitamente insieme le fraudi, et gli inganni, diventerà certamente inespugnabile. I savissimi Re del Cairo in Egitto, Città di maniera popolatissima, che e’ pensavano che allhora ella stesse sana, et bene, quando e’ non vi morivano più che mille huomini il giorno: la divisono con fosse d’acqua tanto spesse, che ella non pareva di già una sola Città, ma molte picciole terrecciole congiunte insieme; Et questo credo io che e’ facessino, accioche la commodità de gli impeti fusse divisa, et sparsa. Et per questo ottennero facilmente, che inanzi tratto non havieno a temere de gli importanti motivi de la moltitudine; et secondariamente di potere reprimere con facilità i detti motivi, se pure ne nascessero; non in altra maniera che averrebbe, se di uno colosso grandissimo, se ne facessino due, o piú statue, più trattabili, et più portatili. I Romani non mandavano in Egitto alcuno Senatore con autorità Proconsolare, ma distribuivano a ciascun luogo huomini de l’ordine de Cavalieri. Il che dice Arriano che essi facevano, accioche una provincia tanto dedita a la innovatione di nuovi tumulti, non fusse governata da un solo. Et considerarono nessuna Città essere stata senza discordie de Cittadini più che quelle, che o divise da la natura, come che se vi passasse un fiume per il mezo, o dove fussino collinette separate in più parti; o che veramente poste parte in piano, et parte in colle, fussino divise da alcuna muraglia commodissimamente: et tal divisione non penso io che si habbia a tirare come un diametro a traverso d’una pianta; ma come rinchiudere un circuito in un altro: Conciosia che i più ricchi come quegli, che vorrieno il paese più largo, sopporteranno facilmente d’essere lasciati fuori del primo cerchio; et lasceranno volentieri a le Beccherie, et a le altre botteghe, et a Trecconi il mezo de la Città per il Mercato; et la poltrona turba del Terentiano Gnatone, cioè Pizzicagnoli, Beccai, et Cuochi, et simili, arrecherà più sicurtà, et manco sospetto, che se ella non fusse separata da Cittadini più nobili. Nè sia fuori di proposito quel che si legge ne gli scritti di Festo, che Servio Tullio comandò a Patritii, che andassero ad habitare nel borgo; accioche se egli havessero cerco habitando in quel luogo di fare innovatione, standovi egli sopra a ridosso, egli potesse opprimere in un subito. Questo muro dentro a la terra bisogna murarlo di maniera, che passi per tutte le regioni de la Città, et di grossezza, et d’ogni altra sorte di lavoro bisogna alzarlo gagliardissimo, et altissimo, fino a tanto che sopravanzi a tutti i tetti de gli edificii privati. Et bisognerà forse ancora affortificarlo di torri, et di merlature, et di fosse ancora da ogni banda, accioche i tuoi Soldati nel starvi dentro, mediante quelle difesi, et sicuri, da per tutto lo possino difendere: Bisogna che le sue torri non sieno aperte da lo lato di dentro, ma chiuse di muro per tutto, et bisogna che le sieno esposte a luoghi così verso i suoi, come verso i forestieri, a quelli massimo, dico, a quali sono addiritte le strade, o gli altissimi tetti de Tempii. Non vorrei che ne le Torri si salisse da alcuno altro luogo, che per lo stesso muro, et allo stesso muro non vorrei che si salisse, se non da una via concessa da il Principe. Da la Fortezza a la Città non vorrei si camminasse per strade; che vi fussino alcuni archi, ne lasciatevi torri in alcun luogo. Debbesi ancora avertire, che non vi sieno nè aggetti di terrazzi, nè piombatoi, donde possa esser dato impedimento con il tirare de sassi, et de le freccie a Soldati, che corrono a fare gli officii loro. Ultimamente e’ si debbe di maniera ordinare tutta questa muraglia, et di si fatte cose, che tutti i luoghi, che sono a cavaliere, sieno in podestà di chi regge: Et che nessuno possa impedire i suoi dal potere scorrere la Città liberamente per tutto. Et in questo le Città di coloro, che sono nuovamente diventati Principi, sono differenti da quelle de Re. Et forse in questo ancora sono differenti, che a popoli liberi son più commode le Città ne le pianure; et a quelli, che nuova-


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