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432 nota sul testo

chiara la situazione dell’Efebie. Nella Vita anonima dell’Alberti (R. I. S., vol. XXV, e Bonucci, op. Volg. I, pp. lxxxix sgg.), dal Bonucci creduta autobiografia, si legge (Bonucci, p. xciv): «Scripsitque per ea tempora animi gratia complurima opuscula: Ephebiam, de Religione, Deiphiram ... " . Ma i due codd. che contengono l’Efebie le danno a Carlo Alberti: il Ricc. 2608, cc. 2a-20b (Ephebie Karoli A!berti), e il Laur. Red. 54, cc. 2a-21b (manca il titolo, ma la dedicatoria comincia: «Karolus Albertus Francisco Alberto salutem ...», e in fondo .si legge «Explicunt disceptationes Karoli Alberti ...»). Pure Battista le attribuisce al fratello, quando nel suo De commodis litterarum atque incommodis (ed. curata da G. Farris, Milano, 1971, p. 46) dedicato a Carlo, adopera la frase:«ut tuo in Ephebis utar dicto». Il Mancini, mentre inclinava alla tesi del Bonucci sulla biografia anonima (Vita cit., p. 82), confutò la sua attribuzione dell’Efebie a Battista (p. 59); ma sapendo, come ai suoi tempi non poteva sapere il Bonucci, che l’Efebie non erano altro che una libera versione dell’intercenale Amator (Mancini, op. ined. cit., pp. 1-18), egli riconobbe nell’attribuzione del Bonucci una parte del vero: «Il Bonucci pubblicò l’Efebie, e in questa occasione non s’ingannò del tutto congetturandole fattura di Battista, poiché il solo abbigliamento appartiene al fratello Carlo» (Vita, p. 59). P. H . Miche! fraintese la posizione del Mancini, e nella sua bibliografia dell’Alberti (op. cit., p. 15) attribui l’Efebie volgari a Battista: «L’Ephébie a été restituée a L. B. A . par Bonucci dont l’opinion est confermée par celle de Mancini (Vita Alb. 59)».

Il problema investe l’autorità della Vita anonima, che rimane l’unica fonte dell’attribuzione a Battista. La difficoltà si può scansare vedendo nell’Ephebia ivi citata, la redazione latina a noi nota sotto il titolo Amator, e non la redazione volgare: confusione che forse poteva nascere nella mente di un altro anziché nella mente dell’Alberti stesso.


7. Concioni (Op. volg. I, xl-xlviii, V, 337-45). Sono di Stefano Porcari o di Buonaccorso da Montemagno (v. Prose di B. da M., a cura di G. B. Giuliari, Bologna, 1874; e cfr. V . Rossi, Il Quattrocento, Milano, 1945, p. 151 e 166, n. 47). L’equivoco è nato dal fatto che l’Alberti si interessò del caso Porcari e ne scrisse pure una De porcaria coniuratione (Op. ined. cit., pp. 257-66), e che il Bonucci (come pure il Muratori) lesse nella vita anonima che l’Alberti compose «conciones» (I, p. xciv), dove avrebbe dovuto leggere invece «cantiones» (cfr. «Ital. Studies», XII, 1956, p. 16, n. 1).