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de amore 251

verso chi tu credi te pur ami, per lei soffrire miserie e tormenti all’animo tuo infiniti e molestissimi.

Cerchiamo adunque quali in amore si truovino diletti, e poi investigheremo se chi tu ami da te meriti tanta servitù. Potrebbesi qui disputare se alcuni sono piaceri propri all’animo, e alcuni si sentano ricevuti dal corpo nostro; e se que’ dell’animo sono oppositi contro a’ dispiaceri, come uscire di cura e di dolore, finire paura, sperare ed espettare sanza sollecitudine cose felici, e poi così con modo e ragione godere onesto, ove l’abbi ottenute; e se quelli del corpo parte nascono ivi subito che ’l dispiacere scema, come sedare la sete, freddo, fame, doglie e simile cose moleste al corpo, parte surgano da’ nostri sensi, odorando, gustando cose a noi soave e dolci. Forse ancora sarebbe chi dicessi alcuni altri piaceri essere insieme e all’animo e al corpo gratissimi, come udire da ottimi musici e poeti cantare in presenza le laude tue e di chi tu ami, vedere onorar te insieme e i tuoi pregiati e lieti. E in questi simili spazi di filosofia assai potrei lungo disputando stendermi, ma cognosco te non meno di me tutti questi cognoscere; tale che volendo essere, quanto mi sforzerò, non prolisso teco né inetto, bisogna preterirli. Solo qui te, Paulo, appello: tu stessi essamina fra te e riconosci quale sia il corso di ciascuno tuo dì così amando, e annovera se di tutte le perturbazioni quali si dice possono all’animo avvenire, alcuna mai a te qualche ora dia luogo o riposo. Credo per certo, se tu arai l’animo diligente a ricognoscere la tua calamità, troverai le perturbazioni quasi tutte insieme combattere ciascuna in te per essere quella che più te amando affligga e consumi. Troverai in te non mai essere vero alcuno o ben fermo piacere, se già non riputassi piacere la notte uscire al sereno, a’ venti, a’ freddi, e così poco consigliato irne te stesso consumando, e poi quelle ore, in quali tu più riposato nel tuo letto dovevi dolce giacere e senza molestia libero dormire, ivi fuora allora sederti in su’ marmi, e indi fuggire or questo lume, or questi, or quegli altri, da’ quali ti duole essere ivi sopragiunto o conosciuto; ora combattere con sassi contro a’ cani quali a te pur corrano abbaiando. Non dico degli altri pericoli, mille sospetti, infinite paure, innumerabili avolgimenti di pensieri per l’animo