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228 deifira

essere grave e molesto, che soprapesa, nè lascia te gustare parte alcuna della tua grande felicità. E quale errore ti teneva a non volere ch’io sapessi quello che ora gioverà avermi detto? Ma sempre fu il primo comune errore, in quale peccano tutti gli amanti poco prudenti, che quello che e’ cercano più occultare, quel medesimo con loro guardi e sospiri a tutti discoprono sempre ove non giova, e dove gioverebbe discoprirsi, ivi fuggono fidarsi di chi loro può essere molto utile. Nè so come a chi ama tacendo pare dolce il suo dolore. L’amore in uno giovane non si biasima. Anzi come a’ nostri corpi umani sono vaiuoli, rosolie e simili mali comuni tanto e dovuti, che quasi troverai niuno invecchiato sanza averli in sè provati, così pare a me sia all’animo destinata questa una infermità gravissima certo e molestissima, quale possa niuno quando che sia non sentire. E beato chi pruova le forze d’amore in età giovinile sanza perdere le sue magnifiche imprese e ottimi principiati studi. Beato chi ne’ teneri anni provando impara fuggire amore. Sogliono e’ vaiuoli più nuocere agli occhi annosi che a’ fanciulleschi. Così per lo amore più pare s’accechino le menti ferme e virili che le puerili e leggieri. Una medesima fiamma incende un tronco annoso, quale a pena abronza uno ramo verzoso. E si vuole in questa età amando discoprirsi onesto amante, poichè amore mai fu chi potesse tenere ascoso. Nè si truova chi cerchi sapere le cose palesi. Vero, ma ciascuno quasi da natura disidera più investigare quello che sia occulto. Nè giova in sè d’ogni minima cosa sospettare, però che alle grandi imprese poco nuoceno i piccoli impacci. E benchè forse da qualche parte sia da sospettare, mai però si vuole mostrarsi sospettoso, però che il tuo sospetto insegna sospettare altrui. Sempre fu il sospetto indizio di mala mente. Mostrare d’amare dolce e onesto mai fu nocivo e mai dispiacque, ma mostrarsi vinto da troppo amore sempre fu dannoso, non tanto appresso gli altri suoi, quanto appresso di chi tu ami. Questo costume troverai in ogni femmina, che mai amerà chi troppo ami lei. Stimano le femmine servo, non amante, chi troppo loro stia suggetto, e godono non della molta affezione di chi loro sia troppo ubidiente, ma del servigio, e per non perdere il servigio, mai sofferano lo infelice amante esca di tormento. Anzi per bene averlo suggetto, ogni dì