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LIBRO II


Teogenio. Adunque, o Microtiro, in questa lunga nostra istoria qual tu sì attentissimo ascoltasti, satisfeci io in parte alcuna a quanto ti promisi? Sollevai io te nulla del tuo merore?

Microtiro. Non facile potrei narrarti quanto mi dilettasti e persuadesti e sollevasti con tanta tua copia e varietà ed eleganza. Fu certo disputazione degna di memoria. Rendone a te grazia e a Genipatro, quale uomo come in tutti suoi altri detti, così in questo a me parse simile all’oracolo di Appolline. E con che modo bellissimo pronosticò a Tichipedo la sua prossima calamità; cosa quasi incredibile di tanta felicità subito ruinare in tanta infelicità! Maravigliomene e duolmene.

Teogenio. A Genipatro, uomo prudentissimo, nulla fu difficile conoscere che a que’ costumi lascivi e a quella vita oziosa e inerte di Tichipedo non mancherebbono presta miseria e tristezza. Mai fu che uomo insolente, temerario, lieve, ambizioso, simile a Tichipedo, potesse non ruinare in profonda miseria. Quelli simili a Tichipedo offendono molti con loro gesti e parole inconsiderate e piene di fastidio e convizio. E’ mal voluti in tempo male ricevono. E quando bene in Tichipedo fusse stata summa modestia coniunta con summa industria, non però sarebbe da maravigliarsi se a lui non sempre fu la fortuna equale e secunda, quale per sua natura sempre fu volubile e incostante. Scrive Plinio fra l’altre simile selve e insule una trovarsi nelle acque presso al laco Vadimonio quale né dì né notte si posi in alcuno luogo. Ancora più e incostante e volubile la fortuna. Quale a me darai tu omo da te in questa età veduto o appresso delle istorie notato in tanta felicità che el sia uscito di vita senza prima soffrire in sé molta