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82 theogenius

simo. Ma due cose a me trovai accommodatissime a sollevarmi da tanta inezia. Prima el tempo, quale come donatore così consumatore di tutte le cose, qual maturando leva ogni acerbità, d’ora in ora in me minuiva dolore dimenticandomi el mio sinistro. L’altro fu come dice Valerio Marziale di Mitridate, quale uso spesso a gustar el veleno rendette in sé natura sua sì fatta che più niun tossico gli potea noiare. Così a me gli spessi in casa mia mortori essiccorono le vane lacrime e consumorono in me tutte le inezie feminili, con quali dolendoci del nostro male vogliamo parere piatosi di chi ben morendo ben sia uscito di tante molestie in quante e’ lasciò noi che restammo. E ancora le iterate mie calamità offirmorono in me uno animo tale, che dove prima per troppa molizie infermo e troppo debole io non potea udire la voce e ammonizione de’ sapientissimi filosofi, ora essercitato da’ casi avversi diligente gli ascoltai, e intesile essere ragioni e documenti ottime e santissime; intesi non avere per rispetto alcuno tanto da dolermi della morte de’ miei, che la morte di chi io nulla mi dolea, Omero, Platone, Cicerone, Virgilio, e degli altri quasi infiniti dottissimi stati uomini, non a me molto più che la morte de’ miei dovesse essere gravissima e molestissima, da’ quali se fussero in vita, senza comparazione potrei ricevere e dottrina a bene e beato vivere e modo a qualunque utile instituto e voluttà in ogni mio pensiero molto e molto più che da qual si fosse nel numero de’ miei. E forse molto conobbi più avermi da dolere della vita e brutti costumi d’alcuno de’ miei, che della morte di chi era uscito di tante molestie, in quale noi altri mortali siamo assiduo agitati; e imparai in molte parte vincere me stessi, imitando coloro e’ quali in tutte le istorie celebratissimi con animo forte e constante non indugiorono che ’l tempo li vendicasse da tristezza in più lieta pace e quiete del suo animo, ma con ottima ragion e consiglio subito providero fuggire in sé ogni merore. Marco Valerio, fratello di Publicola, si loda che, udito la morte del figliuolo mentre che consecrava el tempio, nulla si mosse; solo disse: ’Gittatelo ove vi pare: non a me ricevo averne a piangere’. Dion siracusano, udendo che ’l figliuolo caduto da un tetto era espirato, disse: ’Datelo alle donne: noi fra noi di cose intanto più degne disputeremo’.