Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. II, 1966 – BEIC 9707880.djvu/83


libro primo 77

questo felice io, quanto quel Metello, quale sopra molti suoi amplissimi onori chiamato per la seguita vittoria macedonico, lasciò in vita suoi quattro figliuoli, fra’ quali tre erano stati consoli, uno pretore, due aveano triunfato. Tanto sono io in questa parte felice, quanto quella lacedemoniese chiamata Lampido, figliuola di re, moglie a re, madre a un re; e quanto presso e’ nostri Agrippina, sorella che fu e moglie e madre a chi ebbe imperio e governo in tutte le cose, però che a me sono le cose buone e necessarie in copia non minore che a qual si sia uomo stato in vita. Le cose a noi mortali necessarie sono quelle quale, richieste dalla natura, non possiamo denegare a noi stessi, e queste sono e poche e minime. Quello satisfarà a te quale satisfa a uno de’ servi tuoi contro la fame, sete e freddo. Ma a chi sia allevato in questa vita splendida, a sé stessi statuisce essere infinite cose necessarie, quali non l’avendo vi molestano, e avendole infastidiano. Le cose buone forse sono presso di me molto in maggior numero che presso a voi. Non io sono quello che affermi la vostra amplitudine, lo stato, l’essere temuto, siano cose buone. Cosa niuna buona può come queste far male. Molti, per volere soprastare gli altri, perirono. Ma son certo a me non negherete la cognizione delle buone cose, l’ingegno esculto di qualche dottrina, nutrito in fra le lettere, essere cosa ottima. Dicea Aristotile, quella essere beata patria qual sia ottima; essere ottimo chi facci bene; e niuno far bene in cui non sia virtù. Non adunque in vostre amplitudine consiste felicità, ma in virtù. L’oraculo d’Appolline rispose al re Gise, Aglao, privato in Arcadia, più era con sua modestia felice che lui re, a cui avanzava tanta regia amplitudine. Stavasi Aglao in uno ultimo cantuccio della provincia, lavorava una sua villuccia, di qual luogo, cupido di nulla e di sua fortuna contento, mai era uscito. Solone, conditore delle prime leggi ateniese, quando Creso, re fortunatissimo, gli mostrava le sue maravigliose copie e potenza, e domandava quale egli avesse altrove conosciuto omo più che sé felicissimo, rispuose: ’Vidi Telo cittadino in la terra degli Achei più di te molto felice. Era Telo buono uomo; ebbe figliuoli ben costumati, e contento non pativa contro sua voglia alcuna necessità’. Non adunque la affluenza delle cose quanto la modestia