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naufragio 349

dal suo marito, si vestiva e adornava con panni e gemme; e fra noi compagni erano chi constituiva la sera e l’altro dì avere in quel porto molto piacere in cene e in feste, e così tutta la nave brulicava di letizia in questi apparecchi. O fragile speranza de’ mortali! Per grave e atrocissima tempesta quale ruppe subito, mutati e’ venti, con troppa nostra miseria fu suvvertita la nave in modo che di tanta moltitudine solo omini tre rimaseno in vita, io, quella fanciulla sposa e un barbero servo. Cosa maravigliosa e incredibile! Qual fusse fato non so, ma suvversa la nave, noi tre ci trovammo reposti presso alla poppe della nave in luogo non bene atto a riceverene perché era picciolo e ancora perché era pieno di ferramenti lì riposti al bisogno della nave. Adonque ivi non potevamo bene stare senza ricevere qualche ferita da que’ ferri, e più eravamo summersi tutte le spalle in l’acqua quale conveniva pelle fessure della nave tutta dalla tempesta quassata e aperta. E a queste difficultà vi s’agiungeva che spesso per el comuoversi della nave picciata dall’onde l’uno di noi urteggiava l’altro. Adunque miseri noi, molli e premendo l’un l’altro e ricevendo or una or un’altra tagliatura e puntura da que’ ferri, sofferavàno tuttora presente la morte. Pur la necessità a noi facea parere questo così sinestro luogo grato e assai troppo grande. Per questo pregavamo Dio almeno ivi ne fusse licito sperare qualche salute, e fra noi confortavamo l’un l’altro promettendoci