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264 de iciarchia

sta chiamerà la equità; la terza servitù tollerabile succede allettata dalla voluttà, e questa chiameremo amore. Trattone adonque la prontezza del gratificare, la iusta retribuzione del premio, la ragion del vivere con onestà, ogni altra ubbidenza sarà miseria intollerabile, e verrà da dominio violento e tirannesco. E quinci errano questi ambiziosi quali contano grandirsi, e non conoscono in che stia l’esser primario cittadino. Dissi, in altro sta, e dico ancora, dico, in altro sta il vero principato che in la servile obbedienza di chi o per temenza o per dapocaggine patisce la inezia e fastidiose saccenterie degli insolenti. Prima sono a noi mortali dal summo principe imposte le vere sempiterne legge alle quali tutti dobbiamo obbedire; e insieme sta diffinito dalla natura quel che l’omo debba temere o fuggire. Ultimo, a questo corrisponde quanto, dove, con chi, e quando e come tu, non maestro, no, ma ministro iudica e’ tuoi a questa servitù qual fece te moderatore degli altri.

Paulo. Io scorgo ne’ moti e gesti di questi giovani quello che desiderano, e voglio esser loro interprete. A questo che tu dici, Battista, pare che consequiti el resto de’ ragionamenti trattati oggi da te. Ciascuno di costoro desidera esser omo prestantissimo e suppremo agli altri. Tu, a seguire quanto essi appetiscono, esplicasti loro qual fu atto instituto e ragion ottima a vivere bene e beato moderando sé stessi; e insieme raccontasti circa il conversare civile onde sia che possino acquistar grazia e benivolenza dagli altri, in qual due cose consiste la eccellenza dell’omo. S’io non erro, qui resterebbe mostrare il modo a farsi al tutto superiore degli altri. Vorrebbono intendere da te in che stia questo vero principato, e qual via sia la più espedita a pervenirvi. Non ti sia grave satisfare al desiderio loro, e insieme alle nostre espettazioni. Qui venimmo solo per udirti.

Battista. Sediamo. Voglio, e piacemi, quanto in me sia, essere ossequentissimo a’ desideri loro, e fare ciò che tu mi chiedi: benché questa sia faccenda grave a trattarla, difficile a conducerla. Ma, come io feci disopra, così ora di cosa in cosa, quanto mi sovverrà in mente, recitarò e’ detti e ricordi de’ savi passati; e sarà frutto e diletto udirli, quando ancora io gli pronunziassi senza