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250 de iciarchia

vegga riputato indegno chiamarsi nato e parente di questi omini nobili, a’ quali esso sia per suoi sozzi costumi tanto dissimile. E quanto siamo noi obligati a’ primi inventori di tante utili e commodissime cose a vivere bene! Fu ottimo instituto ch’e’ minori si presentassero in via a’ suoi maggiori e discoprissero la testa: segno di reverenza trovato acciò che i giovani se assuefacessero a reverire chi lo meritava, e d’altra parte si confermassero a sanità assuefacendosi colla testa nuda a soffrir el freddo. E così richiede la ragione ch’e’ più vivuti siano, quanto meno abili alle fatiche, tanto più utili a consigliare. Per questo bene instituirono ch’e’ giovani per età più atti a essercitarsi facendo si profferissero, se cosa presente per l’opera loro bisognasse; e contro, questi ricevessero consiglio per consequire le cose utili e oneste con più facilità. Udisti più volte quel detto, che l’onore si è premio della virtù. Forse non è quanto vi si richiede, però che la virtù ha in sé tanta prestanza che nulla cosa può pari remeritarla. Pur molto rimane il pregio dell’onorare in chi lo fa, però che questo reverire chi lo meriti si è indizio e testificazione che a te piace la virtù quale tu onori in altri. Primo testimone della bontà dell’omo si è amare e’ buoni. Né sarà senza virtù chi ama e’ virtuosi. Dicono e’ savi che a Dio e a’ magistrati si debba rendere, non senza qualche paura, molta venerazione, el padre e gli altri maiori onorarli con ogni segno e officio di reverenza e benivolenza. E conviensi molto essere affezionato a chi ama te. E dovete credere che del numero de’ cittadini a niuno sarete tanto cari e commendati a chi vi chiama figliuoli e nipoti e consorti e coniunti. Dovete pertanto e rendervi e mostrarvi degni di tanta grazia. Questo sarà vostro onore: aretene piacere quando gli altri diranno: «costui nato di padre ottimo e nobilissimo ne fa ritratto». Non voglio ti chiami figliuolo, nipote, fratello di questi altri modestissimi, costumatissimi, se tu non sarai simile a loro. Né patiranno costoro che quello rusticano deturpi l’onestamento loro, e dica: «io sono di questi», quando niuno di questi sia simile a lui. Non vi sia tedio s’io insisto in questa causa molto condecente al nostro proposito. Tu, Niccolò, e tu, Paule, pensate a questo ch’io dirò. Grande fu provedimento quello della