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libro secondo 237

satisfare a chi v’ode. El favellare dà sete, el tacere no. Questo basti quanto m’occorse a mente circa i ragionamenti civili, familiari, e usitati ne’ circuli fra gli altri cittadini. Non so se io mi vi satisfeci. Niccolò. Tutti e’ tuoi ragionamenti oggi sino qui molto mi dilettorono, ma questi ultimi furono accommodati. E se non fusse per non preterire e’ ricordi tuoi, io forse a questo proposito nominarei qualche uno in questa parte molto degno di repreensione. Sempre si contrapone, disputa di ciò che si ragiona, e ardisce preferirsi a’ dottissimi e peritissimi diffinendo la causa come solo pare a lui, e spesso afferma cose ignotissime a lui, e ostinato nella sentenza sua persevera continuare, e indomito contra la ragione getta le mani, alza la voce, e quando mancano argumenti, adopera le contumelie. Paulo. Non più vero! Ma quell’altro suo vicino forse non è meno odioso: quando porge una ammirazione piena di stupore artificioso a quello che tu dici, quando monstra dubitare quello che lui certo sa, quando conferma e loda in chi favella quello che sente forse di levità e con poco sale, quando interroga per farti versare parole non corrette, quando interrumpe la risposta di quello che lui domandò, quando nega quello che sia evidente solo per sdegnarti, e a questo porge un ghigno, a quello tenta el piè, a quell’altro sommove il gomito, e in molti modi instiga che tutti beffino chi favella, e spesso rompe in riso pieno di villania.

Niccolò. Battista soghigna e move il capo. Forse conosce ambo costoro.

Battista. Non conosco questi vostri qui, ma io forse ne vidi altrove simili non pochissimi. Questo dileggiare in presenza e dir male in assenza de’ noti e ignoti, degni e indegni, sempre fu comune costume d’alcuni oziosi o nati ricchi o pasciuti non della cucina sua. Raro che un ricco non allevato con ottima disciplina e buona riverenza de’ maggiori non senta dello insolente e molto del temerario. Dicono ch’el pan d’altri fa ingrassare. Credolo, però ch’egli empie l’omo di lascivia e molta indiscrezione, e non cape in sé. E quelli risi immoderati, e quella inconsiderata audacia e temulenza del favellare con simili gesticulazioni, in