Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. II, 1966 – BEIC 9707880.djvu/236

230 de iciarchia

che l’omo vi metta tutto l’animo, ogni diligenza, summo studio in farle bene. E pare che farle bene sia non altro che porgersi con molta modestia giunta con leggiadria e aria signorile tale ch’elle molto dilettino a chi ti mira. Queste sono el cavalcare, el danzare, l’andar per via, e simili. Ma vi bisogna soprattutto moderar e’ gesti e la fronte, e’ moti e la figura di tutta la persona con accuratissimo riguardo e con arte molto castigata al tutto, che nulla ivi paia fatto con escogitato artificio, ma creda chi le vede che questa laude in te sia dono innato dalla natura». Non fie senza biasimo in un omo civile vederlo continuo frettoloso, quasi come tratto da molte faccende. L’animo grande e generoso piglia faccende simili a sé, non vili e abiette, ma rare e preclare; e queste di sua natura non possono essere molte. E chi non apprese varie occupazioni, non li bisogna molto agitarsi, né molto essere frettoloso e precipitoso, massime nelle cose prima constituite da sé e diffinite con buon ordine e assegnata deliberazione. E a questa solo sarà curioso a quale e’ sia dedicato, cioè a farsi per sua virtù beato in sé e presso agli altri famoso e immortale. E contro, così mi fastidiano alcuni inetti e superstiziosi. A ogni passo prima summuovono el capo, porgono oltre il pie’ con certa affettata gravità senza piegare il ginocchio passeggiando: non volgono la faccia verso parte alcuna senza adducervi insieme tutto el petto: producono le spalle ad amplitudine: gonfiano il collo: stringano e’ labbri: aprono le ciglie: spandono le gomite; e ogni loro moto par fatto con arte di schermidore o di danzatore a molta ostentazione. Ben disse quel prudente a un simile: «O sciocco, non bisogna tanta incomposta gravità per parere al popolo tanto leggiere e vano».

E della incontinenza, alcuni alla mensa (spurcizia odiosa!), che ne può parere a chi gli vede? Sta el guloso prono, e pende con gli occhi e col fronte sopra a quello che sia posto in mensa tutto parato a grappirlo e aboccarlo come se fusse cosa fuggitiva e lungo tempo sequitata; sollecita le mani simili alle secchie della tinta al pozzo, l’una in su verso la bocca, l’altra in giù al catino spesseggiando senza intermissione e carpendo per volta quanto se n’empia ambo le mascelle, e per la fretta ne cade molta parte