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libro primo 197

quanto all’officio del comandare. Credo non affermeresti che sia imprima circa el culto delle membre nostre, per essere biondo, bianco, grasso; faccende e pensiere vile e femminile. Forse ad altri parerà da molto curar la fermezza robusta del corpo e la buona sanità. Nolli biasimo. Ma qui bisogna o poco o nulla altro che sobrietà, e moto e quiete contemperata, e simili. L’altre poderosità e valenze de’ nostri nervi e membra sono doni rari concessi a pochi dalla natura, più tosto da ringraziarne Idio che da molto desiderarli. Se per questi sequisse all’omo felicità, tutto el resto de’ men robusti sarebbono infelici. Giovano sì, ma solo a chi l’adopera in tempo con ragione e modo per onestamento e salute della patria e de’ suoi, affine d’essere ben voluto e lodato dagli omini gravi e maturi. E forse sarebbono da stimarli più se fussero nostri in ogni età, benché di sua natura continuo fuggitivi. Fummo giovani, ora siamo per età stracchi e gravi. Accederono in noi doglie, succederono debolezze. Onde, spento quel vigore e ardore giovinile, cessocci col potere ancor la voglia d’essere sempre giovani, e imparammo non desiderare in noi quella agilità e nervosità quale fra gli altri giovani ci parea ben pregiata. E invero simili prodezze del corpo sono per sé non necessarie a bene e beato vivere. Non consiste adunque la ragione del comandare e servire nostro a noi stessi circa i beni fragili del corpo nostro. E molto ancora dovrà essere meno circa i beni instabili della fortuna. A niuna cosa dobbiamo adiudicarci se non a quelle per quali si diventi migliore. Pella copia niuno mai diventa savio né temperato né prudente, in qual cose consiste el governo della vita e fermamento della felicità. Molti diventarono per le ricchezze insolenti, libidinosi, inconsultissimi. Restaci adunque solo imporre a noi stessi quanto appartenga alla cura dell’animo, e devemoci con ogni arte, industria, studio, assiduità, diligenza, preporci e cercare d’averlo tuttora cultissimo e ornatissimo. Questo potrà non altro che la virtù. Non cape la virtù nell’animo occupato e pieno di pensieri lievi e puerili, né patisce la virtù essere dove sia qualunque minimo vizio. Pertanto prima bisognerà riconoscere quali e’ siano per non li ricevere a sé, ed espurgarli se forse vi fussero. La copia de’ vizi nell’omo sta varia e multiplice: sa-