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libro primo 193


Battista. Vorrei meglio intendere questo nome comandare quello che egli importi. Pregovi non mi reputiate più acuto ch’io mi sia. Dirovvi quello che mi move, se prima sentirò da te, Paulo, questo che tu chiami comandare quale e’ sia in sé e come fatto.

Paulo. Rido! Ma diglielo tu, Niccolò. Insegna qui a Battista quello che e’ non sa.

Niccolò. Rido anch’io! Pur per satisfarli dirò quel ch’io ne sento. Quando omo dice: «fa qui testé tal cosa, poi farai quell’altra; non fare così», e simile, costui... che dico Paulo?

Paulo. Certo sì, comanda.

Battista. Questa risposta mi satisfa, ma non in tutto. Ecco il comito della galea tua dicea: «dà mano alla poggia, carica quella orza»; e simile el pedagogo a’ fanciugli, la madre di casa alle fanti dicono: «fa e non fare». Diremo noi per questo che costoro siano principi?

Niccolò. Chiunche comanda, ben sai, si è superiore a chi l’ubidisce.

Battista. Principe adunque s’interpetra superiore non comandatore, e questo di cui mi pare che tu rispondi, non sarà per sé vero comandatore se non arà chi l’ubidisca. E così affermano tutti i savi antiqui scrittori passati a’ quali io molto credo, e mostrano come costui si debbe reputare vero principe, qual sia superiore in cose non lieve e fragili, ma stabili di sua natura ed etterne, e nulla subiette alla volubilità e temerità della fortuna, per qual cosa e’ sia bene atto a comandare e meriti essere ubbidito. E questo chi dubita sarà la virtù, la bontà, la perizia di cose degne e utilissime a sé, a’ suoi, alla patria? Questi altri chiamati dal vulgo principi, sono non per sé principi, ma per la summissione di chi l’ubidisce, e sono ministri adiudicati a susservire alla republica, in quale numero sono tutti gli altrietiamminimi magistrati. Così sequita che il principato non concede arbitrio d’imponere nuova servitù agli altri, ma impone a chi lo regge necessità civile di conservare libertà e dignità alla patria e quiete a’ privati cittadini. Forse non potendo il conditore delle leggi provedere a tutte le cose particulari, dede ad alcuni come al duttor dello essercito, al prefetto navale, così al principe, a’ minor magistrati