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LIBRO I


Io tornava dal tempio su alto di San Miniato dove parte per satisfare alla religione, parte per affermarmi a sanità, era mio uso non raro conscendere a essercitarmi. In via sul ponte presso all’Oratorio postovi da’ nostri Alberti trovai Niccolò Cerretani e Paulo Niccolini, omini certo prudenti e moderati e a me benivolentissimi. Salutammoci insieme, e disse Niccolò: — A’ prossimi dì passati le molte piove e la molestia de’ venti ci tenne in casa e non potemmo visitarti. Oggi questo lieto sole ci piacque. Venavamo a te. Dissonci que’ tuoi dove tu eri, ma ci parse tardi uscire lassù a ritrovarti. Però ci fermammo qui per aspettarti mirando questo fiume già molto escresciuto e ’nviato a crescere ancora più. — Ferma’mi ancora io con loro, maravigliandoci così subito tanta acqua fusse sopra modo gonfiata. Qui disse Paulo: — E quanto sarebbe felice questa nostra città, se questo Arno sequisse perpetuo così pieno. E sarebbe tua opera, Niccolò, qual fusti più volte prefetto navale, dar modo che le galee salissero cariche sino qua su. Che dici tu, Battista? Pàrt’egli che quinci venissi alla patria nostra maravigliosa utilità? — Dirotti per ora, Paulo mio, — dissi io, — quel che mi pare, che sarà il meglio levarci da questa brezza e crudità dell’acqua, e apresso il foco ragioneremo più con riposo.

In questo che noi già presso eravamo per entrare in casa, uno e un altro de’ nostri nepoti e insieme uno de’ figliuoli di Paulo Niccolini si levorono a salutarci e dissonci che il fiume era traboccato ne’ piani sopra presso alla terra, e avea battuto e dirupato il muro grosso qual prima lo sostenea. Dispiacqueci. Io mi volsi a Paulo e dissi: — Eccoti una delle utilità che ti porge questo