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libro terzo 175


In tanto suo furore e ultima immanità Dido adiudicatasi e precipitosa in morte non potette quinci non consolarsi:

Urbem praeclaram statui, mea moenia vidi.

Appresso d’Omero, Ettor ferito a morte consolava sé stessi con sperare a sé gloria immortale ed eterna fama; e dicea: «satisfeci al mio fato, esco di vita forse in età non matura, ma esco non sanza qualche piena e bene appresa gloria quando feci più e più cose degne di memoria e posterità». E Ulisses, sofferti a sé molti oltraggi da Alcinoo re Feicorum, quando e’ vide seco reconciliati gli dii e secundargli commodi e’ venti al suo principiato corso in mare, dimenticava seco stessi ogni cosa avversa passata, e molto seco si consolava con tanta presenza d’ogni bene.

Così a noi converrebbe e castigarci con giuste amonizioni, e confirmarci con vere e integrissime ragioni, e consolarci con buona speranza, ioconde memorie e dolci contentamenti d’animo. Ma noi desidiosi e ignavi, quali tante ragioni e ammonimenti addutti da me sino a qui, e tanti modi di vendicarci in libertà e sottrarci dalle ingratissime nostre molestie, non attagliano forse, giacendo e gemitando desideriamo a’ nostri sconci aver chi con sua qualche arte e senza alcuna nostra opera e diligenza noi restituisca ad integrità e a fermo stato d’animo e di mente. Vorrebbesi aver quaggiù fra noi quel Peion medico degli dii, qual mai si parte dalla presenza di Giove, e assistegli continuo in cena; e costui non però so se e’ potesse in noi quello che non potemo noi in noi stessi, se già quella Elena, figliuola di Giove, presso ad Omero, non gli porgesse quella pozione con quale ella inducea oblivione d’ogni male a chiunque ne bevesse. Questa sarebbe cosa utile fra noi mortali; benché Diodoro, greco istorico, dice trovarsi una certa spezie di farmaco chiamato elena, composto dalla moglie di Tono medico, qual farmaco spegne le lacrime ed estingue il merore. Ma voglio ridere con voi, Niccola; né però dirò cosa non accommodata a questi ragionamenti, quando dagli dii ministri della natura e compensatori della condizione umana interviene, come dicea Ulisse ad Achille, che a’ nostri mali d’animo non è chi per ingegno o per impiastri o medicamenti alcuni possa rimediarvi. Dianci a