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libro secondo 149

noi chi troppo assiduo fusse mordace e petulante, per non abbatterci poi a rompere in qualche superchio cruccio; e piacerammi provegga di non esser sempre quel cantuccio dove ogni botolo scompisci. Ma voglio in questo servi modestia; e quel detto di Senofonte, qual dicea che del vincere molto mai fu da pentirsi, voglio interpetri in migliore parte che tu forse non stimi. Assai molto vince e’ suoi malivoli chi nulla perde; e perderesti a te stessi ove tu te precipitassi ad immatura alcuna ira e cruccio. Non cedere all’iracundia, ma serbati a qualche attemperata e adattata occasione e stagione di satisfarti, dove tu in tempo possi spiegare le tue copie e forze. Intanto quasi come in insidie contieni, qual fece Socrate appresso di Platone in quel Gorgias morso di parole contumeliose da ....., non rispose allora, ma dopo molto ragionare, ove accadde gli rendè suo merito e con bel modo gli rimproverò ch’egli era temulento, e disse: «Tu che farai quando sarai vecchio, se ora giovane non ti ricordi di qui quivi?». Simile noi, dove bisogni non altro che parole, gioverà per una volta sfogarsi, versarvi quanto vorremo ogni impeto, qual fece Tullio in Vatinium testem. E poi, spenta quella vampa e evaporato l’incendio, sarà da rivocarsi e raccogliersi. E dove forse bisogni altro che parole, Niccola, le ingiurie sono mala cosa; ma non conviensi stizza e subitezza, ma consiglio e maturità. Col tardo consiglio si fanno e’ fatti presto. L’ira si è nimica d’ogni consiglio, però che l’ira è una breve insania; né condicesi l’insania col consigliarsi. E fie quella via brevissima a satisfarti qual sia sicura.

Que’ buoni Sabini, spogliati con fraude da’ Romani, per vendicare la ingiuria acerbissima ricevuta in loro moglie e figliuole, nulla con furore, nulla con ostentazione, ma con ragione e modo si preparorono; onde in tempo ruppono con tanto impeto d’animo e d’arme che chi gli offese gli conobbe uomini e virili e indegni di tanta ingiuria e contumelia. Così noi non precipiteremo le nostre faccende, ma comporremole e porgeremole a miglior fine. E se il tempo e occasione non ci si presta come forse desideriamo, non però faremo come Iunone dea presso a Virgilio poeta, quale offesa serbava eternum sub pectore vulnus; ma faremo secondo che ammoniva Fenix quel buon vecchio presso di Omero, qual