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libro secondo 145

O cittadini miei, seguirete voi sempre essere iniuriosi a chi ben v’ami? E dovete sì certo, dovete favoreggiare a’ buoni ingegni e meglio gratificare a’ virtuosi che voi non fate. Son questi e’ frutti delle vigilie e fatiche di chi studia beneficarvi? Ma della invidia e degli incommodi quali sono in le lettere, altrove sarà da disputarne. Tu, Battista, seguita con ogni opera e diligenza esser utile a’ tuoi cittadini. Dopo noi sarà chi t’amerà, se questi t’offendono.

Per ora qui basti al nostro proposito constituire che la invidia in molti modi nuoce alle cose pubbliche e alle private: ed è un male occulto quale prima n’ha infetti e compresi che noi sentiamo le sue insidie. E nasce la invidia non tanto da quel che in altrui abbunda, quanto e da quel che in noi forse manca. E surge ancora l’invidia da quello che invero né qui manca né quivi abbunda, ma da quel che la nostra inetta opinione e immoderato appetito e libidine ne suade. E può la invidia questo ne’ petti ancora di quelli che si stimano savi e prudenti, che e’ si reputano iusti e pii dove e’ sono pure invidi, iudicano indegno di tante fortune colui quale appare sordido e troppo astretto a porgere beneficio di sé e gratitudine; e credono el suo dolore essere iusto ove a sé manchi quel che ad altri superabunda; né misurano e’ suoi commodi con quel che si richiede, né pesano le sue copie col bisogno, ma terminan queste cose non colla ragione ma sì con la volontà e collo intemperato appetito; e vogliono non quel che a bene e beato vivere loro manchi, ma sì quello che a loro pare, per qualsiasi o iusta o iniusta ragione, di volerlo; e sono queste cose volute le più volte tali che elle né gioverebbono loro avendole né nuocono non le avendo.

Così adunque ne avviene che, abbagliati dalle faci della invidia, non discerniamo in che modo questi nostri sinistri movimenti siano in noi non addutti da ragione ma commossi e impinti da perturbazione e perversità di mente. Udisti che non so chi Filippides in due dì corse da Atene persino a Lacedemonia, spazio di stadi mcxl: e Filonio, corriere d’Alessandro, mosso da Sitione, in quel dì giunse ad Elim, che furono stadi mcccv. E quel Strabo leggesti presso a Varrone che da lungi spazio incredibile vide l’armata uscire del porto di Cartagine. E dicono che Erodes fu