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libro primo 121

noi patiremo ch’ella possa. E parmi accommodata similitudine questa. Come alle tempeste del verno ne addestriamo e apparecchiamo, coperti e difesi dalle veste, dalle mura, da’ nostri refugi e ridutti, e se pure el tedio delle nevi, la molestia de’ venti, le durezze de’ freddi ne assedia e ostringe, noi oppogniamo e’ vetri alle finestre, e’ tappeti agli usci, e precludiamo ogni adito onde a noi possa espirare alcuna ingiuria del verno; e se saremo robusti e fermi, vinceremo ogni sua asprezza e acerbità e rigore essercitandoci ed eccitando in noi quel calore innato e immessoci dalla natura a perseverar vita alle nostre membra; se forse saremo malfermi e imbecilli, ne accomandaremo al fuoco e al sole e alle terme: così alle volubilità e impeti e tempeste della fortuna bisogna addestrarsi e apparecchiarsi con l’animo, e precludersi dalle perturbazione ogni adito, ed eccitare e susservare in noi quello ignicolo innato e insito ne’ nostri animi quale v’aggiunse e infuse la natura ad immortale eternità. Addesterremo e apparecchieremo l’animo nostro contro a’ commovimenti de’ tempi e contro alle ruine de’ casi avversi, in prima col premeditare e riconoscere noi stessi, poi col giudicare e statuire delle cose caduce e fragili, non secondo l’errore della opinione, ma secondo la verità e certezza della ragione.

Dicea Tales filosofo essere difficile el conoscere sé stessi. Non so in qual parte sia da interpretare questo suo detto, ma a me non pare difficile conoscermi uomo simile agli altri uomini, tali quali gli descrive Apulegio. E chi dubita nell’uomo esservi ragione? Sentilo ragionare, ed etti persuaso che l’animo dell’uomo sia immortale. Vedi e’ suoi membri atti a mancare e perire; conosci quanto sia suo mente lieve e volubile e quasi mai senza ansietà; affermi el corpo suo essergli in molti modi noioso; discerni infra gli uomini costumi al tutto vari e molto dissimili. Non puoi negare che in loro gli errori sono simili: ardiscono troppo, sperano con pertinacia, affaticansi in cose non certe né utili; loro beni caduci a uno a uno muoiono; la moltitudine perpetuo vive; mutansi di prole in prole; vola loro età; tardi a sapienza, presti a morte, queruli in vita, abitano la terra. Adunque premeditando e riconoscendo noi stessi, ne accoglieremo pensando: a che nacqui io?