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118 profugiorum ab ærumna

bazione. E noi vorremo che l’animo urtato dagli impeti avversi, caduto in miseria, perturbato dal dolore, ben consigli sé stessi. L’animo non sano, dicea Ennio poeta, erra sempre.

Ma non voglio estendermi, ch’io sarei prolisso. Tanto vorrei da questi dotti come da un duttore e addirizzatore del naviglio, non che e’ mi disputasse, - e’ si vuole alla tempesta ridursi in porto e ivi fuggire ogni impeto di venti avversi, - ma mostrassi qual via e modo mi riduca là dove io mi riposi in ozio e tranquillità. Così questi filosofi, medicatori delle menti umane e moderatori de’ nostri animi, vorre’ io m’insegnassero non fingere e dissimulare col volto fuori, ma entro evitare le perturbazioni ed espurgare dall’animo con certa ragione e modo quello che essi giurano potersi.

Agnolo. Vedi, Niccola, queste sono materie dove bisognerebbe ragionarne con più ozio e con più premeditata ragion di disputare. Io resterò d’oppormiti com’io cominciai, ché ti vedo apparecchiato a confutarmi, e sento l’ingegno tuo acuto e pronto; e non m’è occulta quest’arte tua con quale tu studi nascondere quell’arte vulgata dello argumentare disputando; e dilettami. Ma credi tu ch’io non conosca che tu giudichi di queste cose quello che giudicano tutti e’ dotti, che chi vuole opporsi alla fortuna, sostenere e’ casi avversi e curare nulla altro che la virtù, può? Non insistiamo più in questo, ma consideriamo questo potere quale e di che natura e’ sia. Io non potrei dipingere né fingere di cera uno Ercole, un fauno, una ninfa, perché non sono essercitato in questi artifici. Potrebbe questo forse qui Battista quale se ne diletta e scrissene. Tu, Niccola, come neanche io, non potresti atto schermire, lanciare, lottare. Potrebbe questo qui Battista in questa sua età robusta, quale in simile cose diede opera ed essercizio. Non potrebbe, no, Battista, come quel Milone atleta, portare uno bue vivo in ispalla, né, come Aulo Numerio, centurione e commilitone di divo Iulio Augusto, contenere con una mano l’impeto di più giumenti, né come quello Atamante qual Plinio vide andare pel teatro vestito di cinquanta corazze di piombo e calzato con coturni che pesavano libbre cinquecento. Né forse potrebbe Cicerone ben lodare Clodio suo capital nimico, sendogli in odio e